Non parlano che di lui al vertice del Pd. E’ l’ossessione Di Maio quella che nei piani alti del Nazareno sta divampando sempre di più. Zingaretti e...
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E l’ostacolo non solo a una navigazione tranquilla del governo ma soprattutto a una piena condivisione tra dem e grillini dei destini elettorali alle regionali di primavera. Il grosso di M5S a cominciare dai ministri come Patuanelli e dal superattico presidente sella Camera, Fico, è prontissimo a stringere accordi elettorali in Liguria, in Campania e anche nelle Marche, ben sapendo che una vittoria rosso-gialla in queste tre regioni più la Toscana data per certa al Pd sarebbe per il governo in trampolino per durare fino alla fine della legislatura. Ma tramite il reggente Crimi e contando sull’aiuto combat del redivivo Di Battista, Di Maio si sta mettendo di traverso rispetto alla strategia di convergenza tra il suo partito e quello zingarettiano.
Rientra in questo gioco d’interdizione anche la Rai. Dove l’ad Salini è bloccato nelle nomine filo-Pd al Tg3 e in altre caselle importanti proprio dall’asse Di Maio-Crimi che lo tengono inchiodato e gli impediscono anche qualsiasi tentazione di cambiare la guida del Tg1 dove i 5 stelle hanno messo Giuseppe Carboni e non vogliono assolutamente rinunciare all’influenza sul telegiornale ammiraglio. Nel Pd il problema Di Maio sta insomma lievitando e così anche presso Palazzo Chigi dove Conte ha ormai con il suo ministro degli Esteri un rapporto che dire freddo è dire poco. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero