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Finora era andato (quasi) tutto liscio. In due mesi da neosegretaria Elly Schlein non ha spaccato il Pd, ha scongiurato la scissione, si è mantenuta prudente - leggasi ambigua - il più possibile. E non è poco, viste le premesse. Ora però un brivido attraversa il Nazareno. Enrico Borghi lascia il partito, entra in Italia Viva.
L'ANNUNCIO
L'annuncio via Repubblica del senatore, tra i volti più riconoscibili dell'area moderata e riformista Pd, piemontese e democristiano doc, ha colto di sorpresa le truppe di Schlein in Parlamento. Che già chiedono a gran voce le dimissioni di Borghi dal Copasir, il comitato parlamentare per la sicurezza in cui siede da tre mandati e che, per sua ammissione, non intende abbandonare ora che ha cambiato schieramento.
Questione di merito, spiega il senatore sull'uscio, ché con Schlein al comando il Pd è diventato un partito "massimalista".
LA SORPRESA DEM
Non era certo un mistero, tra i compagni di partito, il malessere di Borghi, già responsabile Sicurezza nella segreteria di Enrico Letta, per il nuovo corso targato Schlein. Nessuno o quasi però immaginava una frattura. Dietro la quale, spiega il neo-acquisto dei renziani oggi, si celano più ragioni.
Da un lato lo scarso interesse della nuova segreteria per gli affari esteri e la Difesa, materie per cui, non a caso, non è stato previsto un dipartimento. Un modo come un altro - accusano i riformisti a cui sta stretta la leadership di Schlein - per nicchiare su questioni spinose come il sostegno militare all'Ucraina aggredita o ancora l'aumento delle spese militari chiesto dalla Nato.
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IL NODO DIRITTI
Dall'altro, spiega ancora Borghi, ha pesato sulla rottura l'Elly-pensiero sui diritti civili e soprattutto sul terreno scivoloso della fecondazione eterologa, "l'utero in affitto", su cui Schlein non ha ancora dettato una linea al partito dichiarandosi però «personalmente a favore».
Consumato lo strappo, mentre sale il pressing per sostituire la sedia nel potente comitato di Palazzo San Macuto, tra i dem si fa strada un timore. E cioè che l'uscita di Borghi, accolta da un euforico Matteo Renzi nella sua odierna e-news, «un inno alla politica», sia solo la punta dell'iceberg.
I MALUMORI
Non è una notizia che da tempo l'area cattolica nel partito ribolla. A dare fuoco alle polveri, tra gli altri, il Dc Giuseppe Fioroni, uno dei fondatori, che ha abbandonato il Nazareno all'indomani delle primarie. In questi mesi, i mal di pancia si sono allargati. Tra gli ultimi a lasciare il dem Andrea Marcucci, già capogruppo al Senato, vicinissimo a Renzi (e probabile nuovo acquisto di IV) che ha promesso di non rinnovare la tessera.
Ma i rumors parlano di una frattura più ampia. Sempre nell'area Dc ed ex renziana, sono delusi dal nuovo corso il presidente del Copasir Lorenzo Guerini e l'ex ministro Graziano Delrio. Senza contare, per restare in area, la corrente di Stefano Bonaccini che mal digerisce l'era Schlein. Anche se per il momento lo spettro di una scissione è rimandato.
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