Arata arrestato, così il manager politico chiedeva raccomandazioni a Siri: «Un mio uomo in lista»

I legami intrecciati negli anni trascorsi in Parlamento erano tornati utili per chiedere favori, chiudere affari importanti e per ingraziarsi il suo socio occulto, Vito Nicastri,...

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I legami intrecciati negli anni trascorsi in Parlamento erano tornati utili per chiedere favori, chiudere affari importanti e per ingraziarsi il suo socio occulto, Vito Nicastri, arrestato insieme a lui e sospettato dai pm di Palermo di essere vicino al boss di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro. Gli inquirenti non hanno dubbi: Arata «ha portato in dote alle iniziative imprenditoriali gli attuali influenti contatti con esponenti del partito della Lega, effettivamente riscontrati e spesso sbandierati dall'Arata medesimo e di cui informava puntualmente Nicastri». A raccontarlo sono le intercettazioni, le stesse che, per la procura, racconterebbero della tangente da 30mila euro pagata al senatore Armando Siri. Conversazioni che, ancora una volta, tirano in ballo l'ex sottosegretario leghista indagato per corruzione. Nell'ordinanza vengono citati alcuni dialoghi del 23 dicembre 2017, durante i quali «Nicastri si legge negli atti - sollecitava Arata a far intervenire il senatore Armando Siri in relazione ad un sostegno nei confronti di una persona dagli stessi sponsorizzata». Per gli inquirenti, infatti, l'imprenditore genovese e il re dell'eolico volevano piazzare un uomo di fiducia nella lista della Lega in Sicilia, in vista delle elezioni nazionali.


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SOCIO OCCULTO
Sono sempre le conversazioni captate dalle cimici della Dia a ricostruire i legami occulti tra Arata, suo figlio Francesco e Nicastri. Al telefono, ammettevano di essere soci «al 50 cento» del re dell'eolico che, però, non figurava nella compagine di nessuna azienda. Un escamotage per evitare che i suoi beni - già finiti sotto sequestro - venissero attaccati dalle indagini che appesantivano il suo curriculum giudiziario. In un'altra intercettazione, con il figlio dell'imprenditore alcamese, Manlio, Arata raccontava: «Nel 2015, ho dato 300 mila euro a tuo papà». E si vantava anche di avere comprato i favori di alcuni componenti dell'assessorato regionale all'Energia, a Palermo: «Questi qua sono stati tutti pagati», diceva al figlio Francesco. «Quanto gli abbiamo dato a Tinnarelli?», chiedeva invece parlando del dirigente che si occupava delle autorizzazioni per l'eolico. Per l'accusa si tratterebbe di Alberto Tinnirello. La presunta mazzetta non è stata quantificata. «Quello è un corrotto», diceva invece in riferimento a un altro funzionario.
Il gip, nell'ordinanza, sottolinea che grazie ad un prestanome di livello come Arata, Nicastri era riuscito a tessere «una fitta rete di relazioni con dirigenti e politici regionali al fine di ottenere corsie preferenziali nel rilascio di autorizzazioni necessarie per operare nel settore». Per l'imprenditore genovese, infatti, i rapporti con la politica erano il biglietto da visita migliore: si vantava anche di essere sponsorizzato dal presidente dell'Ars Gianfranco Miccichè.

LA CIMICE

Dopo l'arresto di Nicastri per concorso esterno in associazione mafiosa, nel 2018, Arata e il figlio avevano però iniziato a preoccuparsi: «Vito non è più non è più riutilizzabile», dicevano. Sospettavano di essere controllati e avevano fatto bonificare la loro macchina: era spuntata una cimice della Dia. Nonostante questo, avrebbero continuato a portare avanti gli affari con il re dell'eolico.
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Il Messaggero