L'accelerazione è scattata venerdì sera. Con la telefonata tra Giuseppe Conte e Sergio Mattarella. Durante il colloquio il premier ha avvisato il Capo dello...
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D'altronde, dopo lo strappo di Fioramonti proprio sui fondi per la ricerca e l'università, l'inquilino di Palazzo Chigi da subito ha iniziato a meditare sulla possibilità di potenziare al massimo questo settore. All'inizio l'idea era quella di creare un sottosegretariato ad hoc, dipendente dal dicastero guidato da Azzolina. Troppo poco. Viste anche le sollecitazioni e preoccupazioni arrivate al capo del governo dal mondo accademico: le dimissioni del ministro sotto hanno comunque lasciato il segno.
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E così Di Maio, davanti alla realtà, ha dato il via libera. Nel M5S c'è però la consapevolezza che il dopo Fioramonti depotenzia la delegazione grillina, a favore di un tecnico sì, Gaetano Manfredi, ma di area Pd. Non solo per via del fratello, Massimiliano, ex parlamentare dem, ma anche per i rapporti che il presidente della Crui tiene nel mondo della sinistra. Appena Conte ha annunciato la nomina del ministro, il primo uscito dal Nazareno per commentare «la bella notizia» è stato Goffredo Bettini, king maker del governo giallorosso, nonché consigliere principe di Nicola Zingaretti. Ufficialmente il Pd nelle ultime 24 ore non si sarebbe intromesso nel toto-nomi, premendo solo per «una scelta di qualità».
LE CHIAMATE
Ma l'interlocuzione di Conte con i big del Pd è stata intensa. Ieri mattina, dopo un'altra telefonata con Mattarella, ha parlato con il capo della delegazione a Palazzo Chigi, Dario Franceschini (sentito insieme agli esponenti della maggioranza, Italia viva e Leu) ma anche con Nicola Zingaretti. Una tela discreta, ma reale, quella del premier. Parola d'ordine: «cautela» per non creare nuove tensioni con Luigi Di Maio. Dai vertici del M5S si cerca di dissimulare.
Anzi, chi sta vicino al ministro degli Esteri racconta che la nomina di Manfredi «è stata decisa da Luigi con Conte, non a caso è del Sud». Il neo ministro è indagato falso per i collaudi nella ricostruzione de L'Aquila. «Un fatto normale», si è giustificato in queste ore, per chi si occupa di collaudi. Di sicuro però il rettore della Federico II è diverso dalla «nostra Lucia Azzolina», come Di Maio chiama la neo ministra su Facebook. Il punto politico lo coglie, senza troppi peli sulla lingua, l'europarlamentare pentastellato e neo facilitatore Ignazio Corrao: «Lo scherzetto di Fioramonti ci è costato mezzo ministero. Perché prima era tutto in quota M5S e adesso Conte ha voluto dividerlo nominando quello all'università e ricerca e lasciando a noi l'istruzione. Ovviamente, a pensare male si può dire che adesso abbiamo mezzo ministero, ma è pur sempre meglio di prima, di non avere neanche questo mezzo». Particolari non indifferenti che vincitori e vinti, nonché il premier, tendono a minimizzare. L'importante era «chiudere». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero