Miur si sdoppia, Conte toglie l'Università a M5S: chi sono i nuovi ministri

Miur si sdoppia, Conte toglie l'Università a M5S: chi sono i nuovi ministri
di Simone Canettieri
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Domenica 29 Dicembre 2019, 08:43 - Ultimo aggiornamento: 30 Dicembre, 09:22

L'accelerazione è scattata venerdì sera. Con la telefonata tra Giuseppe Conte e Sergio Mattarella. Durante il colloquio il premier ha avvisato il Capo dello Stato dell'intenzione di spacchettare le deleghe che furono di Lorenzo Fioramonti. Una proposta che ha trovato il Colle «assolutamente favorevole». Anche perché Mattarella, avendo fatto il ministro della Pubblica istruzione, si è detto subito d'accordo con l'idea di avere un ministero dedicato all'Università e alla ricerca. Dopo questo passaggio è partito il giro di consultazioni politiche tra il premier e il resto della maggioranza, «chiuso» ieri mattina. Il presidente del Consiglio si è così mosso di nuovo su due fronti. A Luigi Di Maio ha spiegato che Lucia Azzolina (unico vero nome proposto a Chigi già da tre giorni dal leader grillino) non poteva occuparsi di tutto il comparto e che il Pd avrebbe messo un veto.
D'altronde, dopo lo strappo di Fioramonti proprio sui fondi per la ricerca e l'università, l'inquilino di Palazzo Chigi da subito ha iniziato a meditare sulla possibilità di potenziare al massimo questo settore. All'inizio l'idea era quella di creare un sottosegretariato ad hoc, dipendente dal dicastero guidato da Azzolina. Troppo poco. Viste anche le sollecitazioni e preoccupazioni arrivate al capo del governo dal mondo accademico: le dimissioni del ministro sotto hanno comunque lasciato il segno.

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E così Di Maio, davanti alla realtà, ha dato il via libera. Nel M5S c'è però la consapevolezza che il dopo Fioramonti depotenzia la delegazione grillina, a favore di un tecnico sì, Gaetano Manfredi, ma di area Pd. Non solo per via del fratello, Massimiliano, ex parlamentare dem, ma anche per i rapporti che il presidente della Crui tiene nel mondo della sinistra. Appena Conte ha annunciato la nomina del ministro, il primo uscito dal Nazareno per commentare «la bella notizia» è stato Goffredo Bettini, king maker del governo giallorosso, nonché consigliere principe di Nicola Zingaretti. Ufficialmente il Pd nelle ultime 24 ore non si sarebbe intromesso nel toto-nomi, premendo solo per «una scelta di qualità».
 



LE CHIAMATE
Ma l'interlocuzione di Conte con i big del Pd è stata intensa. Ieri mattina, dopo un'altra telefonata con Mattarella, ha parlato con il capo della delegazione a Palazzo Chigi, Dario Franceschini (sentito insieme agli esponenti della maggioranza, Italia viva e Leu) ma anche con Nicola Zingaretti. Una tela discreta, ma reale, quella del premier. Parola d'ordine: «cautela» per non creare nuove tensioni con Luigi Di Maio. Dai vertici del M5S si cerca di dissimulare.
Anzi, chi sta vicino al ministro degli Esteri racconta che la nomina di Manfredi «è stata decisa da Luigi con Conte, non a caso è del Sud». Il neo ministro è indagato falso per i collaudi nella ricostruzione de L'Aquila. «Un fatto normale», si è giustificato in queste ore, per chi si occupa di collaudi. Di sicuro però il rettore della Federico II è diverso dalla «nostra Lucia Azzolina», come Di Maio chiama la neo ministra su Facebook. Il punto politico lo coglie, senza troppi peli sulla lingua, l'europarlamentare pentastellato e neo facilitatore Ignazio Corrao: «Lo scherzetto di Fioramonti ci è costato mezzo ministero. Perché prima era tutto in quota M5S e adesso Conte ha voluto dividerlo nominando quello all'università e ricerca e lasciando a noi l'istruzione. Ovviamente, a pensare male si può dire che adesso abbiamo mezzo ministero, ma è pur sempre meglio di prima, di non avere neanche questo mezzo». Particolari non indifferenti che vincitori e vinti, nonché il premier, tendono a minimizzare. L'importante era «chiudere».

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