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Una doppia sfida attende Giorgia Meloni e il suo governo. Sbloccare l’impasse che da tre mesi congela l’accordo dell’Ue sulla gestione dei flussi migratori annunciato a giugno. E intanto tamponare l’emergenza Lampedusa con il giro di vite sui rimpatri. Oggi in Consiglio dei ministri atterrerà il nuovo decreto-legge. Conterrà il piano della Difesa per raddoppiare i Centri di permanenza e rimpatrio (da dieci a venti) nello Stivale. E l’estensione da 12 a 18 mesi della permanenza massima al loro interno per i migranti irregolari. Per uscire dallo stallo europeo invece servirà un aiuto esterno. Soprattutto l’aiuto di Ursula von der Leyen, protagonista del blitz a Lampedusa insieme a Meloni. È a lei, la presidente della Commissione, che la premier italiana ha confidato i suoi timori sul Falcon diretto sull’isola sommersa dagli sbarchi.
Sono diverse le concessioni ottenute da von der Leyen nella visita di ieri: l’impegno rinnovato per sostenere la Tunisia, il “piano in dieci punti” della Commissione, dal sequestro delle barche ai trafficanti all’impegno dell’agenzia Frontex. Eppure c’è altro che preme il governo italiano. A Bruxelles, in queste settimane, è in corso un delicato negoziato per rendere operativo il nuovo Patto europeo sui flussi migratori concordato a giugno che rivede la vecchia normativa di Dublino. C’è un capitolo in particolare cui l’Italia tiene molto e finora è rimasto sulla carta. Un regolamento che si occupa della “gestione delle crisi” (Crisis management), che detta cioè le regole per aiutare uno Stato membro colpito da una crisi migratoria improvvisa e da un flusso di arrivi superiore alla norma. Un picco di sbarchi illegali proprio come sta accadendo in queste ore a Lampedusa. Il regolamento in questione prevede tempi più ristretti per le “procedure di frontiera”.
Ovvero consente di dispiegare in tempi rapidissimi i controlli dei migranti appena sbarcati, direttamente “alla frontiera”, dividendo i richiedenti asilo da coloro che non ne hanno diritto.
I FONDI
Sempre in Ue si registrano resistenze sullo stanziamento dei fondi comunitari alla Tunisia di Saied promesso con il “memorandum” Ue-Tunisia di luglio. Oltre ai 250 milioni di euro in cambio di rafforzare i controlli alla frontiera tunisina, “i fondi arriveranno”, ha promesso von der Leyen a Meloni, la premier italiana chiede un secondo pacchetto finanziario. Fondi europei per sostenere il budget del governo tunisino sull’orlo della bancarotta (budgetary support), svincolati dall’ormai famoso prestito del Fondo monetario internazionale da quasi 2 miliardi di euro. Da Bruxelles, per ora, c’è una timida apertura. Diverso è il caso della missione navale Sophia, l’operazione Ue di contrasto ai trafficanti di esseri umani che l’Italia vorrebbe ora riattivare nel Mediterraneo. Meloni chiede in particolare di rendere operativa la “fase tre” della missione navale finora mai attivata: il contrasto ai trafficanti direttamente nelle acque territoriali, con la distruzione dei barconi vuoti a riva. Ma è una questione complessa, ha fatto notare von der Leyen, perché richiederebbe un accordo diretto con i Paesi costieri africani. Non sarà una passeggiata. Intanto però il patto Meloni-von der Leyen sui migranti prende vita. E chissà che non abbia conseguenze politiche per Ursula, la presidente della Commissione Ue in cerca di un bis alle elezioni europee in cui i Conservatori guidati da Meloni, in un modo o nell’altro, faranno la differenza..
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