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«È finita, è proprio finita…..». Così dice un deputato dem stamane, entrando a Montecitorio molto presto. Si riferisce alla speranza non solo del Pd ma anche di molti altri che Mattarella accettasse il bis al Colle ma lui stavolta dopo svariati segni di indisponibilità stavolta ha detto un no definitivo. «Manco se c’annamo tutti ginocchioni e sui ceci da Montecitorio al Quirinale a chiederglielo quello ce resta al suo posto», dice in slang un altro deputato, berlusconiano.
Mattarella cita Leone per allontanare il bis: «Anche lui chiese la non rieleggibilità»
Mattarella dice no al Colle bis: le reazioni
Il no al Colle bis pronunciato da Mattarella scatena reazioni in tutti i partiti. Nel centrodestra l'azzurro Giacomoni cita una canzone di Vasco Rossi («Sono ancora qua») per rilanciare la volata a Berlusconi che ai fedelissimi ha più volte ripetuto di non essere candidato ma allo stesso tempo si è detto lusingato, soprattutto se arrivasse "un regalo inaspettato". Ecco, con Mattarella che si sfila definitivamente, Berlusconi crede sempre di più in se stesso come successore. Gli azzurri che gli hanno parlato sono convinti che manchino una quarantina di voti all'appello ma anche se la ministra Mara Carfagna garantisce la compattezza di FI nella partita, occorrerebbe che convergessero sull'ex premier i voti dei moderati.
La delusione del Pd
Nel Pd la delusione è massima per il no di Sergio. Enrico Letta era infatti il più strenuo sostenitore della prosecuzione anche a tempo di Mattarella.
Un no pesante quelli di Mattarella che lascia i partiti spaesati anche perché l’accordo sul successore ancora non c’è e anche l’ipotesi Draghi è priva di certezze e di chiarezze. Il giudizio più diffuso nelle segreterie di partito è che, al momento, sia difficile un accordo preventivo sul nome del premier. La Lega salviniana recalcitra, un pezzo di Pd e il M5S fedele a Luigi Di Maio vuole evitare il salto nel buio di un governo affidato a un tecnico (Daniele Franco?), la minoranza dem rimasta fedele a Luca Lotti sostiene sia il turno di un politico. Del resto, anche chi caldeggia l'elezione di Draghi è animato da obiettivi inconciliabili: chi vuole mandarlo al Colle per votare subito (Meloni, ma anche il dem Bettini), chi per toglierlo dalla contesa politica ma senza tornare al voto (Conte) e chi per sublimarne il ruolo (Giorgetti con il suo semipresidenzialismo de facto).
Meloni e Salvini
Il no mattarelliano rafforza Meloni e Salvini che dicono: ora votiamo presto il successore e subito alle urne. Nelle file leghiste, però, c’è anche chi avrebbe visto con favore una rielezione di Mattarella. Per il numero due di via Bellerio, Giancarlo Giorgetti, sarebbe stata infatti l’assicurazione migliore sulla stabilità del governo. E per la ragione opposta a quella di Salvini: perché nello stesso momento in cui la strada di Mario Draghi per il Colle si allarga, si indebolisce la garanzia sulla permanenza della Lega in maggioranza. Un obiettivo, quello della legislatura da portare a termine, che Giorgetti condivide con Luigi Di Maio. Per responsabilità, certo, ma anche e soprattutto perché l’opera di intrecciatura di relazioni internazionali di Di Maio, iniziata da quando è alla Farnesina, non può ancora considerarsi conclusa.
Italia Viva non si stupisce: «Era chiara fin dall’inizio l’indisponibilità di Mattarella». Mentre nel Pd c’è anche chi non ha spento del tutto le proprie speranze: «Se torneremo a incartarci come sette anni fa – si chiede una fonte autorevole del Nazareno - si rifiuterebbe davvero?».
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