Non sono bastate 4 ore di vertice a Palazzo Chigi a chiudere l'intesa di governo sul Def. La riunione convocata in nottata dal premier Giuseppe Conte vede attorno al tavolo,...
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Le divergenze, tenute sotto traccia fino all'ultimo, emergono con nettezza a poche ore del Consiglio dei ministri. Luigi Di Maio dice no a qualsiasi aumento dell'Iva, rilancia con il salario minimo in manovra e frena anche su un tema caro al Pd come lo ius culturae. Lo fa dagli schermi Tv, poco prima di andare a Palazzo Chigi, per il vertice di governo convocato alle 22. E Dario Franceschini detta una nota durissima: «Credo le sue parole impegnino il Movimento, non certo la maggioranza».
Giuseppe Conte ha convocato, quindi, in nottata, per la prima volta, tutti gli azionisti di maggioranza, incluso Italia viva, il partito di Matteo Renzi rappresentato da Teresa Bellanova. Il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri è arrivato a Palazzo Chigi prima degli altri ministri: c'è da limare il documento che definirà i contorni della manovra. Poco prima delle dieci arrivano alla spicciolata i rappresentanti di M5S, Di Maio e Riccardo Fraccaro, sottosegretario alla presidenza, Franceschini per il Pd, Roberto Speranza per LeU e la «debuttante» Bellanova. Il nodo più spinoso è proprio quello dell'Iva, che divide profondamente gli alleati di governo. Non solo Di Maio dice no ad ogni aumento, ma Matteo Renzi assicura che farà «tutto il possibile» per evitarli e poiché Iv è determinante al Senato, il suo no somiglia a un veto.
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Dubbi erano trapelati anche dalle fila del Pd.
«L'Iva non può aumentare, nè nell'aliquota minima, nè nell'intermedia, nè in quelle più alte», afferma Di Maio, con toni ultimativi. «Se poi vogliamo far pagare meno Iva a chi usa le carte di credito va benissimo», aggiunge. Mentre dal Pd c'è chi propone interventi alternativi, come l'ex renziano Tommaso Nannicini: «Si metta mano a quota 100», è l'idea. Il vertice nella notte serve a trovare una difficile quadra. Ma non aiutano le parole di Di Maio, che rilanciano su un tema caro al M5S ma difficile da affrontare come il salario minimo e soprattutto rinviano a data da destinarsi un tema forte del Pd come la cittadinanza ai bambini figli di stranieri. Tanto che Franceschini, finora prudente, interviene con durezza: le sue «posizioni ultimative» non impegnano la maggioranza. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero