Correnti e controcorrenti in M5S, congresso lungo (forse addirittura cinque mesi!), una segreteria politica con il suo bravo coordinatore (come accadeva alle Botteghe Oscure al...
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M5S, dallo streaming alla fuga in campagna con l’autoblu: il crepuscolo dei grillini
Il che magari non è male - “Dobbiamo strutturarci come un partito vero e proprio”, ha detto Di Maio ai colleghi di buen retiro bucolico - ma è una metamorfosi strana che contraddice tutta la storia iper-innovativa su cui si è basato il fenomeno grillino. Al momento del crepuscolo - dall’oltre 30 per cento dei voti alle Politiche sono passati al 10 delle Regionali - M5S vira in direzione delle vecchie certezze della paleso-politica: tra cui quelle del proporzionale.
Ovvero, siamo pochi ormai - è il ragionamento dei ministri stellati - conviene andare sul sistema proporzionale, così facciamo pesare comunque il nostro gruzzoletto in alleanza con il Pd alle prossime elezioni.
I leader
La grande scoperta di cui i leader stellati si sono accorti, sulla base delle Regionali, nel vertice all’agriturismo è sono rimasti senza popolo. E quanto all’insediamento sul territorio, dopo le ormai lontane esperienze dei meet-up, il movimento non sa che farsene, anche perché cioè che rimane del grillismo social sembra tifare per il comandante Dibba, ormai nemico del partitismo stellato e del ministerialismo filo Pd. E così, verso la metà di ottobre, dovrebbero cominciare i congressuali Stati Generali, ma il rischio per M5S è che possano non finire più o magari non cominciare mai. E non sarà affatto facile trasformare la liquidità - di cui il grillismo è stato espressione e di cui si è sempre vantato in polemica con la rocciosità della politica “archeologica”- in un elemento solido. Così solido da reggere fino al 2023, quando si andrà a votare. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero