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Silvio Berlusconi e Matteo Salvini sono rimasti sorpresi e sono uniti da un sentimento dominante: la delusione. Guai a dirlo apertamente, ovvio. Il leader azzurro è stato uno tra i principali sponsor del governo Draghi a cui ha garantito da subito pieno appoggio e il segretario della Lega ha deciso che indossare l’abito dello statista era l’unico modo per provare a gestire una scelta che metà del suo partito aveva praticamente già fatto.
Ma ora che l’esecutivo dell’ex presidente della Bce ha preso forma è evidente che non ha i lineamenti né del Cavaliere né del leader lumbard. Anzi, nel Carroccio di rito salviniano l’impressione è precisamente che si sia voluto mettere all’angolo il segretario. La Lega alla fine incassa tre ministeri, di cui due con portafoglio (MiSE e Turismo) e uno, quello alla disabilità, che era stata espressa richiesta proprio di Salvini. Ma nessuno di quei nomi è stato indicato da lui. «Mi ha avvisato dieci minuti prima di salire al Quirinale», racconta.
INCUBO
Di fatto, in quell’elenco letto al Colle si è materializzato l’incubo che l’ex ministro dell’Interno si era prefigurato all’inizio di questa storia: Giancarlo Giorgetti riconosciuto come unica faccia spendibile della Lega e lui tenuto fuori dall’esecutivo ma senza poter fare quello che gli riesce meglio, ovvero arringare le folle obiettando e criticando.
Niente di tutto questo, però traspare dalle parole di Matteo Salvini che sceglie di fare buon viso a cattivo gioco e, due secondi dopo che Draghi ha annunciato la sua squadra, comincia a farsi il giro di tutte le trasmissioni televisive disponibili. «Occuparsi di settori strategici per l’Italia come lo sviluppo economico, il turismo e il ministero per le disabilità è per noi motivo di orgoglio, impegno ed enorme responsabilità». Il leader lumbard promette «lavoro di squadra» e - probabilmente mordendosi la lingua- evita di affondare il colpo persino sulla scelta di riconfermare gli uscenti ministri dell’Interno e della Salute, Lamorgese e Speranza, molto criticati in passato. «O c’è un cambio di passo, di metodo e di risultati, oppure ci sarà bisogno di aiuto e sostegno da quelle parti, visti i risultati».
Più zen di così si muore, ma a scavare a fondo negli umori di chi gli sta vicino si scopre il malessere: «Matteo teme di restare ai margini - dicono i fedelissimi - la scelta lo ha spiazzato» e sembra fatta appositamente per lasciarlo ai margini e per depotenziare il segretario e traghettare verso l’Europa una Lega tendenza Giorgetti.
FORZISTI
A suo modo riflessiva e anche la reazione di Forza Italia, praticamente l’unico partito della nuova maggioranza che fino a tarda sera tace. Silvio Berlusconi si era scomodato persino a venire a Roma per incontrare Mario Draghi e mettere il cappello sull’operazione, ma alla fine si ritrova sì tre ministeri, ma nessuno con portafoglio. Non soltanto, visto che – ad eccezione di Mariastella Gelmini, pur espressione dell’area dialogante – sia Mara Carfagna che Renato Brunetta sono da tempo critici verso la gestione del partito e verso il cerchio magico che circonda il Cavaliere. Per questo, viene fatta trapelare una certa delusione. Per giorni si era vociferato che a rappresentare Forza Italia al governo sarebbe stato Antonio Tajani, ma a rifiutare l’incarico – viene raccontato – sarebbe stato il diretto interessato che non avrebbe ritenuto sufficientemente appetibile il ministero delle Politiche Ue.
E tuttavia, un deputato centrista che conosce bene il leader azzurro è convinto che, come al solito, Berlusconi stia recitando due parti in commedia. E ricorda il precedente del governo di Enrico Letta: «Indicò come ministri Alfano, Lorenzin e Lupi salvo disconoscerli quando decise di uscire dalla maggioranza. Non mi stupirei se, all’occorrenza, ripetesse quello schema».
Il Messaggero