Giorgia Meloni al G7 di Hiroshima, unica donna tra i leader. Ucraina, Cina e (forse) il disgelo con Macron: ecco i dossier

. Il premier è infatti la prima leader atterrata a Hiroshima, sull’isola di Honshu, a sud-ovest di Tokyo

Giorgia Meloni al G7 di Hiroshima, unica donna tra i leader. Ucraina, Cina e (forse) il disgelo con Macron: ecco i dossier
L’Ucraina, i rapporti di forza nell’Indopacifico e (forse) un nuovo disgelo con Emmanuel Macron. Formalmente il taglio del nastro si terrà domani, ma il G7...

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L’Ucraina, i rapporti di forza nell’Indopacifico e (forse) un nuovo disgelo con Emmanuel Macron. Formalmente il taglio del nastro si terrà domani, ma il G7 giapponese di Giorgia Meloni difatti è cominciato in anticipo. Il premier è infatti la prima leader atterrata a Hiroshima, sull’isola di Honshu, a sud-ovest di Tokyo, dove in queste ore ha già in programma un faccia a faccia con il premier Fumio Kishida. Un incontro denso, avviato con le condoglianze del “padrone di casa” per le vittime dell’alluvione in Emilia Romagna, che è il secondo tempo del faccia a faccia tenuto a Roma a febbraio. Tra i temi anche la prosecuzione dell’accordo di cooperazione tecnologica appena siglato dai due Paesi e dal Regno Unito, per il «Global Combat Air Programme», programma che svilupperà il Tempest, un aereo da combattimento di sesta generazione entro il 2035. Quello di oggi però non sarà il solo bilaterale di cui la premier sarà protagonista. In ballo al momento c’è soprattutto un incontro con il francese Emmanuel Macron utile a compiere quel disgelo che, in realtà, le nuove dichiarazioni del ministro dell’Interno transalpino Dermanin ha sembrato allontanare significativamente. 

 

 

Il vertice

In una Hiroshima blindata dopo l’attentato subito dal premier giapponese poche settimane fa, al netto di qualche protesta degli ambientalisti, l’attenzione è però centrata sugli incontri che inizieranno domani. Assieme a Meloni e Kishida siederanno Joe Biden, Emmanuel Macron, Olaf Scholz, Justin Trudeau e Rishi Sunak per ribadire innanzitutto nuovo sostegno all’Ucraina di Volodymyr Zelensky (che dovrebbe prendere parte ai lavori di sabato) e la forte condanna all’azione di Mosca. A tal proposito, nelle bozze di conclusioni che circolano in questo momento, non si esclude l’applicazione di nuove sanzioni ai gasdotti di proprietà del Cremlino. Così come una nuova stretta sui Paesi Terzi che aiutano i russi ad aggirare le restrizioni già imposte fino a questo momento. Il riferimento è soprattutto all’India e al boom di esportazione di benzina raffinata a partire dal petrolio grezzo estratto dalla Russia.

 

 

Le conclusioni

La scelta evocativa di Hiroshima inoltre - quantomeno nelle speranze del Giappone - porterà i grandi della Terra a puntare il focus anche su nuovi accordi di disarmo e non proliferazione delle armi nucleari. Una missione quasi impossibile considerando i continui aumenti di produzione che interessano svariate parti del globo (ad esempio Iran e Nord Corea). 

Se l’uscita dell’Italia dalla Via della Seta non dovrebbe essere uno dei temi trattati durante il vertice, la Cina sarà comunque centrale: l’interesse di Tokyo sta infatti soprattutto nell’agire per tempo ed evitare che Taiwan diventi una nuova Ucraina. Ovvero, traducendo qualche nesso geopolitico, evitare che la Cina possa decidere di assecondare le proprie mire espansionistiche, spezzando per sempre il fragile equilibrio dell’area. In tal senso però, stando alle bozze attuali, in nome del presunto stallo attuale non dovrebbe esserci un riferimento esplicito alla Cina ma solo al «potere di coercizione» economica e commerciale esercitato da Pechino. Proprio per questo, in rappresentanza del Sud del mondo, sono invitati al tavolo anche alcuni dei Paesi più sensibili alle sirene cinesi o comunque interessati per motivi geografici: Australia, Brasile, Comore, Isole Cook, India, Indonesia, Corea del Sud e Vietnam. Tra gli obiettivi in questo caso, oltre al sostegno del fiorire dell’indipendenza agricola, tecnologica e commerciale di questi Paesi, c’è anche l’intento di arginare il quasi monopolio cinese per l’estrazione delle cosiddette terre rare. Ovvero quei materiali necessari per produrre quei chip e quelle apparecchiature tecnologiche su cui Pechino ha provato a costruire una grossa fetta delle sue relazioni globali.

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Il Messaggero