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L’Italia conferma la disponibilità a discutere sul Mes, il meccanismo europeo di stabilità la cui riforma non è stata ancora ratificata dal nostro Paese. Ma chiede una contropartita nell’ambito della trattativa sul nuovo Patto di stabilità: dai criteri con cui vengono verificati i conti pubblici dei vari Stati dovrebbero essere escluse «alcune spese per gli investimenti in particolare in ambito digitale e per la transizione green, compresi quelli del Pnrr».
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L’offerta è stata fatta da Giorgetti direttamente a Paschal Donohoe, presidente dell’Eurogruppo; l’incontro è avvenuto a Nigata, in Giappone, dove sono in corso i lavori del G7 dei ministri dell’Economia. Il Mef ha fatto sapere che il colloquio è stato «intenso e costruttivo». Al centro proprio il Mes e la nuova governance europea.
I TEMI
I due temi non sono strettamente collegati, ma per entrambi è in corso una discussione intensa.
Va ricordato che nel Mes sono state convogliate ingenti risorse. Il capitale sottoscritto è di 704,8 miliardi, di cui 80,5 sono stati versati: la sua capacità di prestito ammonta a 500 miliardi (tramite ulteriori risorse “richiamate” in caso di necessità). L’Italia ha sottoscritto capitale per 125,3 miliardi e ne ha versati circa 14.
Sul tema, intervistato da Rainews 24, si è espresso Donohoe, che ha espresso tra l’altro «rispetto» per il dibattito in corso in Italia. «Il Mes resta uno strumento sulla cui introduzione erano d’accordo tutti i Paesi - ha osservato il numero uno dell’Eurogruppo - vogliamo renderlo disponibile per il futuro, per qualunque governo ne faccia richiesta». «Vogliamo continuare - ha aggiunto Donohoe - a negoziare con il governo italiano e il suo Parlamento sulla ratifica, ma bisogna considerare che è un trattato che ormai è stato ratificato da tutti i membri dell’Eurozona, compresi gli ultimi a esservi entrati come la Croazia».
I CONTRIBUENTI
«La ragione per cui la ratifica è così importante è che il trattato fa sì che, come ultima istanza, il Mes possa assicurare un rapido sostegno finanziario in caso di grave crisi di una banca - ha osservato infine Donohoe - si tratta di garantire che nessun contribuente nazionale sia esposto ai costi di un fallimento bancario».
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Il Messaggero