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I numeri definitivi della scissione attesa nei gruppi parlamentari del Movimento 5 Stelle chiamati a votare sulla fiducia al governo Draghi si conosceranno sola alla fine del discorso che terrà domani al Senato il presidente del Consiglio, ma il lavorio prosegue sotto traccia per salvare l’unità del Movimento e il destino dell’esecutivo. Infatti dopo gli ultimi giorni di fibrillazioni, quasi deliranti, la linea che sta emergendo per le prossime ore nel partito di Grillo, sia tra i governisti, sia tra i duri e puri, è quella di evitare fughe in avanti fino a quando non sarà chiaro quanti e quali, dei famosi nove punti chiesti da Conte all’ex presidente della Banca centrale europea, entreranno fra le cose da portare a termine entro la fine della legislatura. Non si tratta di una bandiera bianca innalzata dall’ala più governista del Movimento 5 Stelle, ma al contrario di un modo per alzare la pressione su Conte, che così non saprà neppure fino all’ultimo su quanti uomini potrà concretamente contare per tentare di defenestrare Draghi.
Crisi di governo, Draghi e la fiducia: i numeri di Senato e Camera. Cosa può accadere nel voto
LA TATTICA
Nello stesso tempo è una tattica per cercare di massimizzare i risultati dell’azione governativa rivendicabili dai pentastellati nei prossimi mesi e, nel contempo, servirà allo stesso premier per liberarsi anche dai ricatti e dagli stop che ha ricevuto in questi mesi dagli altri partiti che compongono la sua rissosa maggioranza. La direzione da seguire per Draghi resta comunque quella di portare a termine le riforme necessarie a ottenere da Bruxelles i finanziamenti previsti per l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Ed è per questo che lo stesso Conte, oltre che a causa delle grandi manifestazioni di solidarietà incassate da Draghi a tutti i livelli (Vaticano, Confindustria e governo Usa in primis) avrebbe cambiato linea rispetto a quella iniziale che gli faceva vivere quasi come una liberazione l’uscita di tutti coloro che dissentono dalla traiettoria che ha tracciato la scorsa settimana consegnando a Draghi la lista con i desiderata del Movimento.
Tra gli attori che in questo momento cercano di fare da pontieri tra il Movimento 5 Stelle e Palazzo Chigi, c’è chi fa notare come lo strappo di Conte e la reazione iniziale di Draghi stiano dando vita ad un’inattesa eterogenesi dei fini.
I NOMI
Una posizione che secondo il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, continuerebbe a far proseliti, infatti oltre ai nomi apparsi nei giorni scorsi, secondo il leader di Insieme per il Futuro anche «Il direttivo della Camera del gruppo M5S, oggi partito di Conte, ha espresso la volontà di votare la fiducia al governo Draghi, al di là della volontà dei vertici». Si tratta di 10 deputati oltre a Crippa: la vice presidente vicaria Alessandra Carbonaro, tutti i vicepresidenti; Valentina Barzotti, Valentina D’Orso, Luigi Gallo, Filippo Scerra e Luca Sut, oltre ai segretari Maria Soave Alemanno, Nicola Provenza ed Elisa Tripodi e, anche, la tesoriera del gruppo Francesca Galizia. Una indiscrezione, quest’ultima, che ha scatenato la piccata risposta del Movimento 5 Stelle che ha fatto trapelare «Quanto riferito dal ministro Di Maio in riunione col suo gruppo parlamentare, a proposito di una volontà precostituita da parte dei componenti del direttivo del gruppo M5S Camera, non risponde al vero». Una smentita che non smentisce fino in fondo, dal momento che fa riferimento a una «volontà precostituita» mentre Crippa si dice pronto a votare la fiducia se Draghi accetterà qualcuno dei 9 punti ( ma non tutti) reclamati da Conte, quindi nessuna volontà precostituita.
Oggi al Senato si saprà su quanti senatori può effettivamente contare l’ex premier grillino, mentre domani sarà la volta della verifica alla Camera, sempre che non sia lo stesso presidente del Movimento 5 Stelle a confermare la fiducia a Draghi.
Il Messaggero