Chissà se il pranzo offerto da Luigi Di Maio a Mike Pompeo nella cornice rinascimentale di Villa Madama contribuirà a convincere gli americani che forse i dazi sul...
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Con Pompeo, sebbene non sia lui il titolare del dossier bensì il ministro del Commercio Robert Lighthizer, Di Maio ha insistito che «il tema dei dazi è molto preoccupante» perché l'Italia «ha imprese che vivono di export e devono poter avere certezze: tra queste c'è il rapporto commerciale con gli Usa», su cui gli eventuali dazi rischiano di abbattersi come una tagliola. Un messaggio, ribadito nel suo incontro con Pompeo già dal premier Giuseppe Conte, che il governo italiano spera sia riferito alle orecchie giuste a Washington.
E se i dazi in questa fase sono la preoccupazione maggiore dell'Italia nel suo rapporto con gli Stati Uniti, il principale assillo americano rimangono invece le relazioni - pericolose nell'ottica di Washington - con la Cina. Al centro delle inquietudini statunitensi c'è l'eventuale ruolo di Pechino e delle sue Huawei e Zte nello sviluppo della tecnologia 5g nel nostro Paese: l'Italia «è sovrana» ed è dunque libera di fare le sue scelte, premette Pompeo, ma «la Cina ha un approccio predatorio nei suoi investimenti» e rappresenta «una minaccia comune», per cui un ingresso cinese in questo settore delicato di un alleato importante non sarebbe affatto gradito oltreoceano. Preoccupazioni «condivise» dall'Italia, assicura Di Maio, ma che non avrebbero ragion d'essere dato che la nuova normativa in Italia - e in particolare la golden power che permette allo Stato di mantenere il controllo su asset e aziende strategiche - «ci rende tra i Paesi più avanzati sulla sicurezza in Europa».
Tra gli altri temi del colloquio - durato poco meno di un'ora a quattrocchi e a cui è seguito il pranzo con le rispettive compagne - ha trovato spazio un dossier che sta particolarmente a cuore all'Italia, quello della Libia. Di Maio ha chiesto l'aiuto degli Stati Uniti per stabilizzare il Paese, incassando a sua volta il riconoscimento americano per la «leadership efficace» esercitata da Roma sullo scenario nordafricano.
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Il Messaggero