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Un primo contatto domenica, poi lunedì una lunga e cordiale telefonata. Berlusconi prima di apparecchiare ieri la tavola a villa Grande al centrodestra di governo (pranzo a base di insalata, pesce spada e gelato, tra i presenti oltre al Cavaliere il coordinatore di FI Tajani, il leader della Lega Salvini, il presidente dell'Udc Cesa e Lupi per Noi con l'Italia) ha sentito il presidente di Fratelli d'Italia Meloni. Un colloquio che è un segnale di come il leader azzurro pensi a due opzioni per la risoluzione della crisi.
Draghi, al voto di fiducia l’incognita sono i grillini: il premier scrive due discorsi
La prima è la continuazione con Draghi senza Conte, la seconda qualora non dovesse essere possibile andare avanti il voto anticipato. «La situazione economica e internazionale dovrebbe scongiurare il voto adesso ma se non c'è un'agenda di centrodestra noi punteremo alle urne», il ragionamento del Cavaliere. Con la Meloni che si è detta disponibile a un vertice della coalizione qualora Forza Italia e la Lega dovessero decidere di staccare la spina all'esecutivo e di interrompere il patto con il Pd. Chiaro ha spiegato la Meloni al suo interlocutore che è meglio attendere l'evolversi della situazione e il vostro posizionamento.
Insomma, senza una svolta non ci sarebbe alcun incontro dei leader dell'alleanza per discutere di programmi e di strategie.
L'ala governista di FI e della Lega è netta: dobbiamo dire sì a Draghi senza se e senza ma, il refrain. Ma l'incontro di ieri mattina tra il premier e il segretario dem Letta ha rischiato di far saltare il banco. Salvini è andato su tutte le furie, «è una sgrammaticatura politica» ha rimarcato. Una riflessione poi condivisa a villa Grande anche con gli altri leader del centrodestra di governo. «Non si può accogliere la delegazione del centrodestra l'ultima sera», allargano le braccia nella coalizione. Ma Salvini è ancora più duro sull'agenda che Draghi dovrebbe portare avanti. Perché l'obiettivo è sempre mettere fuori Conte dal recinto. E quindi ha sottolineato la necessità di rivedere il reddito di cittadinanza, di puntare sui termovalorizzatori, oltre a porre il tema della pace fiscale. Salvini e Berlusconi sono d'accordo su un punto: il governo deve pensare a temi di interesse generale, non certo di parte. E se il Cavaliere è più morbido rispetto alle priorità e a lasciare comunque a Draghi ampi margini d'azione, nella convinzione che l'ex numero uno della Bce non accetterà mai veti, il Capitano è disponibile a dire sì al voto di fiducia solo se il premier aprirà sulle battaglie portate avanti dal Carroccio. Perché questa la riflessione tra gli ex lumbard questo governo senza Conte è a traino centrodestra.
Se poi Conte dovesse dire sì alla fiducia allora sarà l'ex ministro dell'Interno a mettersi di traverso. Il piano è permettere al governo di anticipare la manovra e poi arrivare allo scioglimento delle Camere. Perché il convincimento è che il presidente della Repubblica Mattarella non voglia adesso una interruzione della legislatura. L'altro affondo della Lega e di Forza Italia è arrivato nei confronti del segretario Letta. «Non può certamente dettare lui le carte», hanno rimarcato gli ospiti a villa Grande che dopo l'incontro con il premier Draghi sono tornati a riunirsi. Fratelli d'Italia attende di capire cosa succede. «Arriverà il giorno del giudizio», continua a dire la Meloni. «Forza Italia e la Lega devono capire che gli elettori della coalizione vogliono solo il voto», rilancia il capogruppo del partito alla Camera Lollobrigida.
Il Messaggero