Balneari, proposta all’Ue: all’asta le concessioni, rimborsi a chi ha investito

Il compromesso che può avere il via libera da Bruxelles. Ma la Lega lo blocca. Nelle gare agevolati i gestori attuali. E chi perde otterrebbe un risarcimento

Ora basta rinvii, proroghe e cavilli. Giorgia Meloni sta pensando di rompere gli indugi sulla annosa vicenda dei balneari. In conferenza stampa la premier ha annunciato una legge...

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Ora basta rinvii, proroghe e cavilli. Giorgia Meloni sta pensando di rompere gli indugi sulla annosa vicenda dei balneari. In conferenza stampa la premier ha annunciato una legge di “riordino” delle concessioni per le spiagge italiane. È qui che prenderà forma il compromesso tra governo e Commissione europea. Salvo giravolte dell’ultimo minuto, e non sono escluse, il piano prevede la messa all’asta delle licenze dei titolari degli stabilimenti. Tutelando però con norme ad hoc i concessionari in uscita, a cui saranno riconosciuti gli investimenti fatti in questi anni. Non solo: saranno in parte rimborsati, qualora dovessero perdere la gara. 


IL COMPROMESSO
Ecco il possibile punto di caduta - di fatto non lontano dalla soluzione trovata sul finire del governo Draghi - a cui lavora da settimane l’esecutivo in una delicata trattativa con la Commissione. Che avrebbe dato un via libera di massima: a queste condizioni, con un rinnovo “tutelato” delle gare per gli attuali concessionari, l’Italia non violerà la direttiva Bolkestein sulla concorrenza. E dunque non rischierà di incappare in una procedura di infrazione della Corte di Giustizia europea. Sono giorni delicati per il destino delle spiagge italiane, un business che fattura più di trenta miliardi di euro l’anno, anche se solo una minima parte, poco più di cento milioni di euro, finisce nelle casse dello Stato sotto forma di canone.

Nei prossimi giorni è prevista una riunione di maggioranza tra Meloni e i suoi due vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani per concordare una via d’uscita dal cul-de-sac. Del resto la questione è ormai della massima rilevanza politica. Prima l’ultimatum della Commissione europea del 16 novembre, con una sonora bocciatura della linea difensiva finora seguita dal governo: procedere a una mappatura complessiva delle spiagge italiane, dimostrare che il litorale dello Stivale non è un bene “scarso” e dunque non è sottoposto alla normativa sulla concorrenza della Bolkestein. Peccato che i numeri non tornino tra Roma e Bruxelles. Per i tecnici di Palazzo Berlaymont le stime snocciolate dal governo italiano, secondo cui solo il 33 per cento delle spiagge italiane è occupato da stabilimenti, sono inverosimili. Perché terrebbero conto di tutto il litorale, incluse le aree precluse agli impianti: colline, montagne, scogli, porti, riserve naturali. Il secondo segnale, quello che più preoccupa Palazzo Chigi, è il duro monito lanciato dal Quirinale e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella firmando la legge sulla concorrenza.

Un’occasione per confessare tutte le «perplessità» sul rinnovo finora solo ventilato delle concessioni balneari. Meloni è combattuta. Non vuole strappi con il Colle, «il suo appello non rimarrà inascoltato» ha infatti messo a verbale giovedì, e preferisce evitare un nuovo attrito con la Commissione europea dopo la bocciatura del Mes. Ma deve anche evitare la premier il redde rationem con Salvini e un fronte trasversale di “balnearisti” nella maggioranza, anche nel suo partito, che si batte per una nuova proroga delle concessioni. 
Del resto è una promessa elettorale di lunga data della destra italiana e disattenderla può avere un costo non indifferente alle Europee. Urne e governo, campagna elettorale e realpolitik, è questo il bivio che si apre nel 2024 per la timoniera di Palazzo Chigi. Al varco la attende Raffaele Fitto, il ministro plenipotenziario agli Affari Ue che da settimane gestisce non senza fatica il negoziato con la Commissione. Con un accordo scritto a matita: sì alle gare, purché sia garantita una corsia preferenziale ai concessionari che hanno investito risorse. Un punteggio più alto nelle gare e, in caso di sconfitta, l’impegno del subentrante a liquidare una parte dell’investimento. 


L’ULTIMATUM


Le lancette corrono. Dal 16 gennaio, in assenza di rassicurazioni da Roma, la Commissione potrebbe adire la Corte di Giustizia e far scattare la procedura di infrazione. Intanto con il nuovo anno è iniziato il far-west normativo sulle spiagge. Fra comuni che, come Venezia, hanno intenzione di disporre la proroga delle concessioni e altri, come Ravenna e Rimini, pronti a mettere a gara le spiagge. Il caos è servito. E se il governo non calerà in fretta la legge di riordino chiesta da Meloni il brivido della “paura della firma” percorrerà di nuovo la schiena dei sindaci italiani. Con il rischio, che è più una certezza, di una pioggia di costosissimi ricorsi tra Tar e Consiglio di Stato. 
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Il Messaggero