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IL NEGOZIATO
Veneto e Lombardia chiederanno, lo hanno già fatto nei precedenti negoziati, tutte le 23 materie che la Costituzione considera "trasferibili" dall'amministrazione dello Stato centrale a quella delle Regioni. Comprese quelle più sensibili sull'istruzione, la scuola, o la produzione e la distribuzione di energia elettrica solo per citarne alcune. È una questione delicata. Il rischio è che lo Stato, e quindi il governo, possano perdere il controllo di alcune leve strategiche, come per esempio sulla politica energetica. Un campanello d'allarme suonato da molti degli auditi in Commissione Affari Costituzionali del Senato, dove il disegno di legge Calderoli sull'autonomia è in discussione.
Diversi tra gli interlocutori ascoltati a Palazzo Madama, avevano chiesto una esclusione esplicita di molte delle 23 materie.
IL PASSAGGIO
Anche in questo caso non si tratterebbe di un diniego preventivo a considerare alcune materie "trasferibili" dallo Stato alle Regioni, ma quanto meno ci sarebbe un passaggio parlamentare. Sarebbero cioè le Camere, dove sono rappresentati tutti gli italiani, a dover dire se l'amministrazione centrale si deve "spogliare" delle sue competenze per trasferire risorse umane e finanziarie alle Regioni che ne fanno richiesta.Da Fratelli d'Italia sono arrivati anche un'altra serie di paletti, come una richiesta rafforzata di garantire i Lep, i livelli essenziali delle prestazioni, su tutto il territorio nazionale, e assicurare anche che sia finanziata la cosiddetta «perequazione infrastrutturale». Per anni il Sud ha ricevuto meno risorse del Nord, accumulando un rilevante divario su strade, autostrade e ferrovie. Per colmare queste distanze deriverebbero decine di miliardi di euro che, però, al momento non si vedono. La fase emendativa tuttavia, non è ancora conclusa.
I NODI
Ci sono altri rilevanti nodi sui quali bisognerà capire le intenzioni del Parlamento e quelle del governo. A partire proprio dalla questione dei Lep. Il disegno di legge Calderoli e la legge finanziaria dello scorso anno, hanno stabilito che i diritti di cittadinanza possano essere approvati attraverso dei Dpcm, degli atti amministrativi non modificabili dal Parlamento e non soggetti alla possibilità di censura della Corte Costituzionale. Fratelli d'Italia vorrebbe cambiare anche questo schema, attraverso l'uso di un altro strumento: i decreti legislativi, che danno più potere alle Camere. Un'altra picconata se l'impostazione dovesse passare.
Il Messaggero