ArcelorMittal, il premier Conte prepara l'offerta. Ma spunta il piano B

A palazzo Chigi e a ministeri dell'Economia e dello Sviluppo stanno studiando i dettagli del dossier sull'ex Ilva, in vista del vertice di venerdì con Lakshmi...

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A palazzo Chigi e a ministeri dell'Economia e dello Sviluppo stanno studiando i dettagli del dossier sull'ex Ilva, in vista del vertice di venerdì con Lakshmi Mittal. Eppure, anche se il presidente Sergio Mattarella ribadisce di ritenere «prioritaria e di primaria importanza per l'economia e il lavoro», difficilmente il summit di dopodomani sarà decisivo.


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Giuseppe Conte e Roberto Gualtieri hanno parlato del dossier anche ieri, a margine di una cerimonia della Guardia di finanza e hanno stabilito una strategia attendista: prima di arrivare a conclusione della trattativa, per il governo è meglio aspettare le decisioni del Tribunale di Milano attese per la settimana prossima. «I giudici potrebbero giudicare infondato il recesso dal contratto», spiega un ministro dem, «e a quel punto i Mittal dovrebbero venire a Canossa, abbassare le pretese». E aggiunge un chi segue il dossier: «E' improbabile che venerdì si chiuda un'intesa, più probabile qualche passo avanti».

E' però anche vero che il cerchio di pm, carabinieri e finanzieri si sta stringendo sempre più e non è escluso che già dopodomani il signor Mittal si presenti a palazzo Chigi con un elenco di richieste meno corposo e meno gravoso di quello presentato il 6 novembre. Almeno questa è la speranza di Conte e Gualtieri, avvalorata dalle notizie che danno l'ad Lucia Morselli caduta in disgrazia.
Il premier e il ministro dell'Economia, che escludono piste cinesi, in ogni caso si muovono su due binari. Il primo è l'ormai famoso piano A. Vale a dire: tenere ArcelorMittal in Italia, in modo da evitare di evitare il ritorno alla gestione commissariale e di dover ricorrere a un prestito ponte di diverse almeno 400 milioni. Il secondo, nel caso che la trattativa con il gruppo franco-indiano fallisse, è l'altrettanto noto piano B: una nuova cordata e una nuova gara, con il passaggio doloroso del prestito statale per garantire la continuità degli impianti siderurgici. «Se mi sedessi al tavolo con Mittal senza avere alternative», ha confidato Conte, «sarei più debole. Dunque non evitiamo di affogarci in una sola opzione».

In tutti e due i piani Cassa depositi e prestiti (Cdp) dovrebbe avere un ruolo, secondo le intenzioni del premier e di Gualtieri. Mittal, in via confidenziale, ha infatti fatto sapere a Conte di gradire l'ipotesi di un coinvolgimento di Cdp con una quota di minoranza. Sia per ottenere un segnale concreto di interesse e sostegno pubblico in un settore in crisi, sia per condividere i costi di gestione, del risanamento ambientale e per il canone di affitto degli impianti. Con un problema: le fondazioni bancarie, che hanno il 15,9 di Cdp, sono contrarie e l'ad Fabrizio Palermo e il presidente Giovanni Gorno Tempini hanno fatto presente al premier e al ministro che entrare in una società in perdita non sarà facile.

Così prende sempre più quota - anche se Gualtieri in caso di necessità non esiterebbe a coinvolgere Cdp nel capitale di Am Investco Italy (la società del gruppo ArcelorMittal che gestisce l'ex Ilva) - l'idea di impiegare le aziende controllate dalla Cassa: Fincantieri, Leonardo, Eni, etc. potrebbero, nel quadro del Cantiere Taranto, creare nuovi impianti dove verrebbero riconvertiti e assorbiti gli operai in esubero.

LE PROPOSTE, SCUDO INCLUSO

Nella trattativa con Lakshmi Mittal, a proposito di esuberi, il governo venerdì è pronto a offrire la disponibilità ad arrivare fino a quota 2.500, contro i 5 mila richiesti da ArcelorMittal. In più, Conte è disposto a offrire - ancora allo studio il tipo di provvedimento - una proroga di dodici mesi per la messa in sicurezza dell'altoforno 2. E lo scudo penale, anche con un decreto. Il premier è infatti convinto di riuscire a superare le resistenze dei grillini contro la tutela penale, garantendo un «passaggio quanto più rapido possibile» verso la decarbonizzazione dell'acciaieria: operazione che abbatterebbe i rischi per la salute dei cittadini e degli operai di Taranto.
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Il Messaggero