Restano distanti le posizioni di imprese e governo sulla Torino-Lione al termine dell'atteso incontro di Palazzo Chigi. Uno scambio di vedute sul quadro economico e sociale...
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Un «orizzonte inaccettabile», per il mondo produttivo, a cui non basta incassare il sì del presidente del Consiglio a visitare i cantieri della linea ferroviaria e l'inserimento di un suo rappresentante nella Commissione costi-benefici. «Il risultato dell'incontro di oggi è una totale dilazione di qualche mese della partenza dei bandi di gara e questa non è una cosa positiva», sottolinea al termine del faccia a faccia il presidente dell'Unione Industriale di Torino, Dario Gallina, preoccupato che vengano messi in discussione i fondi europei. «Ogni ulteriore ritardo - sostiene - costa soldi, circa 70 milioni al mese». «Non si perderanno posti di lavoro e non si perderanno finanziamenti pubblici», assicura il ministro Toninelli. Che promette una analisi «non ideologica», improntata alla «trasparenza», all'«ascolto», all'«equilibrio».
E incentrata su un «approccio pragmatico». «Non sono assolutamente un no Tav. Io sono dalla parte degli italiani e non accetto di sprecare soldi pubblici», dice il ministro dei Trasporti, che con la collega francese Elisabeth Borne ha chiesto che i bandi di gara non vengano effettuati «prima della fine dell'anno». La lettera è giunta ieri sera negli uffici di Telt, la società italo-francese incaricata di realizzare e poi di gestire la nuova ferrovia. E annuncia l'intenzione del governo italiano e di quello transalpino di informare la Commissione europea del rinvio dei bandi nonché della necessità di definire «un nuovo calendario che consenta di mantenere i finanziamenti europei previsti». «Stiamo rinviando la partenza dei lavori a non si sa quando, bloccando 3,5 miliardi di investimenti pronti», ricorda Corrado Alberto, presidente dell'Api di Torino, tra le associazioni di categoria schierate a favore dell'infrastruttura, pronte a far parte della Commissione costi-benefici soltanto «se questo non vorrà dire allungare ancora i tempi».
Il rischio è di rimandare ogni decisione di altri sei-otto mesi.
Il Messaggero