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Il ricatto a Raoul Bova sarebbe stato studiato a tavolino, secondo quanto emerge da un’informativa stilata dalla polizia postale. Ma l'attore non ha ceduto perché, come lui stesso scrisse in alcune chat finora inedite, avrebbe dichiarato di essere single da due anni. Ecco i messaggi allegati agli atti dell’indagine per tentata estorsione per la quale al momento l’unico denunciato è Federico Monzino, 29 anni, rampollo di una famiglia di industriali milanesi. Alla base i messaggi audio inviati dall’attore alla modella Martina Ceretti all’indomani del loro primo incontro in un hotel di Milano dopo due anni di contatti telefonici.
Le chat inedite e la replica di Bova
Fra l’11 e il 12 luglio scorsi un anonimo, che per la polizia postale è proprio Monzino — anche se lui nega di aver architettato il ricatto ammettendo solo la consegna degli audio a Corona per «fare un favore a Martina che voleva diventare famosa» —, scrive a Bova utilizzando un’utenza spagnola (si ritiene intestata a un prestanome, ma su questo punto sono in corso ancora accertamenti). Dopo alcuni messaggi in cui evidentemente spiega che cosa ha in mano scrive: «Questa è pesante cavolo, anche con audio che conferma tutto. Nelle mani di Fabrizio diventa una puntata di Falsissimo.
Il ricatto
Ma il punto chiave dell’indagine – ora nelle mani della Procura – è proprio nella genesi del ricatto. Nei messaggi iniziali inviati all’attore l’11 luglio, l’anonimo si dimostra determinato, delineando uno scenario allarmante per Bova: "Non è il caso che venga fuori uno scandalo sui giornali, no?", scrive infatti. E continua accennando ai danni che questa pubblicazione potrebbe arrecare: “Per il tuo matrimonio, per la tua immagine, per il tuo presente e futuro lavoro... Altro che don Matteo. Ho dei contenuti fra te e Martina Cerretti che ti farebbero molto male”.
Più persone hanno inviato i messaggi
Nonostante la pressione, l’attore decide di rivolgersi subito alle autorità. L’inchiesta si concentra ora su un punto determinante: siano stati sempre gli stessi mittenti a inviare quei messaggi oppure se nella vicenda sia coinvolto più di un soggetto. Gli inquirenti ipotizzano inoltre che tutta l’azione sia stata orchestrata con largo anticipo, nella speranza di ottenere un ritorno dall’esposizione mediatica. Lo dimostrerebbe chiaramente un altro passaggio delle chat: “E comunque lunedì esce su Falsissimo... arriva a Corona... nelle mani di Fabrizio diventa una puntata di Falsissimo... sono in contatto con lui”.
Il ruolo di Corona
Dalle indagini emerge anche il nome di chi ha ricevuto i file audio, ovvero Fabrizio Corona. Non risulta al momento indagato, ma è stato raggiunto da un decreto di acquisizione delle chat tra lui e il principale sospettato, oltre che – forse – con la stessa Ceretti, alla quale nel frattempo è stato sequestrato lo smartphone. Corona ha sempre negato di essere a conoscenza del presunto tentativo di estorsione e ha sostenuto di aver semplicemente pubblicato il materiale che gli era stato inviato.
Significativo il messaggio finale dell’anonimo a Bova: “Se mi vieni incontro blocchiamo tutto e rimane privato, poi se vuoi essere gentile e farmi un regalo, dato che ti sto salvando il culo, sta a te... ti evito una cosa pesantissima”. A breve la Procura potrebbe disporre nuovi accertamenti sull’intera vicenda, in particolare per far luce sul fine ultimo del presunto ricattatore e sul vero vantaggio che sperava di ottenere dalla pubblicazione dei file.
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Il Messaggero