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Imboscato a Miami a fare «la bella vita». Mentre migliaia di riservisti dell'esercito israeliano sono già tornati dall'estero per rispondere alla mobilitazione ordinata nello Stato ebraico sceso in guerra nella Striscia di Gaza. È l'accusa che monta in Israele ormai da settimane - e rimbalza sui media internazionali - contro Yair Netanyahu, 32 anni, figlio ed erede del primo ministro Benyamin Netanyahu. Yair non è nuovo a controversie di ogni genere: sia per le sue sparate politico-ideologiche improntate agli slogan della destra nazionalista più estrema, sia per le bravate di un'esistenza privata da privilegiato in cui non si è fatto mancar nulla, tra flirt con modelle scandinave e incursioni intercettate dai paparazzi in qualche strip club.
La denuncia
Spedito in Florida da papà Bibi e mamma Sara fin da aprile, dopo aver contribuito nei mesi scorsi ad alimentare con dichiarazioni incendiarie la protesta di tanti israeliani contro il governo guidato dal padre, Yair ha da allora fatto quasi perdere le tracce.
Le polemiche
A Yair viene invece rimproverato di abbandonare il Paese nel momento del bisogno, in barba a tutta la retorica nazional-messianica di certi suoi post del passato. «Yair si gode la vita a Miami Beach mentre io sono al fronte», è sbottato un volontario della riserva dislocato al confine col Libano per tenere a bada gli Hezbollah, e citato dal Times. L'apparizione del delfino il 17 ottobre a Fort Lauderdale per un evento di raccolta di aiuti alle famiglie ebraiche colpite dagli attacchi di Hamas e ai soldati non è bastato del resto a placare le acque. Anzi. Anche perché la sua latitanza fa a pugni con il moltiplicarsi di storie di connazionali rientrati in fretta e furia, qualcuno dal viaggio di nozze, per rispondere alla «chiamata della patria». «Tanti di noi - ha detto uno di loro, ripreso dalla stampa britannica - hanno lasciato il lavoro, le famiglie, i figli per tornare nella nostra nazione a proteggere la nostra gente». «E non siamo noi ad avere la responsabilità di quanto è accaduto», ha aggiunto, recriminando indirettamente contro le colpe e le negligenze rinfacciate da moltissimi israeliani al governo di Nertanyahu padre o agli apparati dello Stato dopo il 7 ottobre. «Questo - la sua conclusione - non è certo qualcosa che aiuterà a ricostruire la fiducia nella leadership del Paese
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