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«Per il mio nome Instagram mi ha negato la "spunta blu"». Una omonimia che sta creando diversi problemi d'immagine: nel giorno della condanna di Gabriele Bianchi nel processo per l'omicidio di Willy Monteiro a Colleferro, a sollevare una singolare questione è un altro Gabriele Bianchi con un profilo pubblico, ossia il cameriere-influencer toscano recentemente consacrato da 'Forbes' tra i 5 nomi più influenti del food italiano. Stesso nome e cognome, ma ovviamente nessun legame tra i due. Eppure le conseguenze sul piano dell'immagine sui social non sono affatto marginali, per il 26enne originario di Cecina (Livorno).
Gabriele Bianchi, il problema dell'omonimia
«Per colpa di questa omonimia - spiega il toscano Gabriele Bianchi - sto subendo un danno d'immagine, per il quale non posso ovviamente nemmeno chiedere un risarcimento. Passino pure i messaggi di odio che mi sono arrivati negli ultimi mesi sui canali social, ma anche alcune occasioni lavorative sono state messe in discussione proprio a causa del mio nome. Basti pensare che mi sono visto negare la 'spunta blu' da Instagram proprio per il possibile rischio di confusione tra me e la persona imputata per l'omicidio del povero Willy Monteiro Duarte».
«Opportunità di lavoro sfumate»
«Da quando è accaduto quel terribile fatto - dichiara all'Adnkronos il cameriere-influencer toscano Gabriele Bianxhi - ho ritrovato il mio nome accostato a quello di una persona che si è macchiata di un crimine atroce. Naturalmente ci vuol poco a capire che tra noi non c'è alcun legame, ma nel campo dei social anche una semplice omonimia può avere effetti deleteri sull'immagine di un personaggio pubblico. Ed è proprio ciò con cui sto lottando da mesi: messaggi con offese, potenziali opportunità di lavoro sfumate per il rischio di legarsi a questo nome, e via così. Il danno non è quantificabile tanto in termini economici, quanto piuttosto sul versante degli haters».
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Il Messaggero