Elettra Lamborghini vuole adottare una bambina, l'orfanotrofio dice No: «Non capisco. Con me sarebbe stata meglio»

Il racconto della cantante sui social

Elettra Lamborghini prova ad adottare una bambina, l'orfanotrofio dice No: «Non capisco. Con me sarebbe stata meglio»
«Breve storia triste», Elettra Lamborghini prova ad adottare una bambina palestinese ma l'orfanotrofio dice no. Lo ha raccontato lei stessa sui suoi canali...

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«Breve storia triste», Elettra Lamborghini prova ad adottare una bambina palestinese ma l'orfanotrofio dice no. Lo ha raccontato lei stessa sui suoi canali social. «Mesi fa mi innamoro di questa bambina che trovo nei miei reels, palesemente traumatizzata per colpa delle bombe. Aveva perso la parola e stava perdendo i capelli dallo stress, non mangiava nemmeno piú (secondo quello che dicevano)». La cantante spiega quindi su Instagram cosa ha sentito in quel momento: «Ho sentito come un segno del destino, mi ricordava me da piccolina, mi sono detta "basta vado a prenderla". Scrivo all'orfanotrofio immediatamente». 

Elettra Lamborghini vuole adottare una bimba, ma l'orfanotrofio dice no

Ma la struttura dove la bimba vive, racconta la Lamborghini, non è stata aperta a nessun tipo di dialogo e ha risposto un categorico No alla richiesta. «Morale la bimba è ancora in orfanotrofio. Non capisco prorpio. Inutile dirvi quanto ci sono rimasta male. Non lo so ormai me l'ero presa a cuore sapendo e immaginando quanto sarebbe potuta star bene con me. Soprattutto durante la guerra, quando si ha bisogno di interventi urgenti. Pensavo avessero accettato subito, figuriamoci».

La spiegazione

La scelta della Laborghini però, specifica lei stessa, non è stata presa con leggerezza: «Premetto che con il mio gesto impulsivo di scrivere all’orfanotrofio non mi aspettavo di certo di poterla andare a prendere, attenzione. In cuor mio ero emozionata all’idea di poter fare qualcosa subito, ma sapevo che non sarebbe stato tipo: si certo vieni a prenderla. Cioè penso non ci voglia un genio a capirlo. Certo speravo che loro fossero più collaborativi».

 

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Il Messaggero