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Carlo Verdone interpreta se stesso, gioca con la sua immagine pubblica e racconta il Carlo privato, tra realtà e finzione. E lo fa scegliendo la formula, nuova per il regista-attore romano, della serie tv. Vita da Carlo, è il racconto in chiave di commedia - ma non poteva essere diversamente - in 10 puntate per Amazon Prime Video (dal 5 novembre) in cui è il protagonista di una storia, la sua vita, interamente ambientata nella sua città, Roma.
Leggerezza, ironia, insieme a paure, entusiasmi ed ossessioni sono le varie cifre percorse dalla serie tv, in cui Carlo Verdone, gioca a carte scoperte con il pubblico che lo ama da oltre 40 anni ed a cui ha sacrificato la privacy, costantemente fermato per autografi, battute da ripetere e negli ultimi anni, dai selfie. Insieme a lui, tra personaggi che incarnano persone reali o fittizie, un nutrito cast, Max Tortora, Anita Caprioli, Monica Guerritore, Antonio Bannò, Caterina De Angelis, Filippo Contri e numerosi famosi personaggi, tra cui l'amico Antonello Venditti, nel ruolo di guest star.
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'Vita da Carlo'
"Era intrigante seguire un percorso nuovo, dopo 44 anni di lavoro, mi son detto proviamoci anche se è stato un lavoro molto faticoso, ma è nata come una sfida, vediamo se riesco ad avere più libertà rispetto ad un film, dove è difficile condensare tutto in meno di due ore. Nella serie non c'è ansia, perché il tempo è dilatato, si può arrivare alla risata piano piano. In appena due mesi abbiamo scritto 10 puntate, ma ero molto motivato. Nella sceneggiatura c'era molto della mia vita privata, per questo ho recitato anche in modo più leggero, senza l'obbligo di far ridere in un momento preciso" ha detto Verdone nella conferenza stampa di presentazione alla Festa del CInema di Roma. "E poi ho avuto il cast migliore della mia carriera, con grandi attori, ma tanti giovani, che mi hanno dato il massimo, ed è il motivo per cui ancora faccio questo mestiere, dirigere, custodire, indirizzare i ragazzi sono energia nuova, mi sono sentito come Sergio Leone".
"Nella serie c'è un monologo di Alessandro Haber sugli ebrei.
"Noi speriamo tutti che ci sia sempre il cinema, ne sto girando un altro con Filmauro, ma abbiamo deciso di fare la serie molto prima del Covid, per me era una sfida, nonostante i miei anni, avevo voglia di qualcosa di nuovo, è chiaro che tutti noi ci aspettiamo che la sala cinematografica torni a dei numeri più grandi".
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Il Messaggero