«Sapevo che erano previsti rimborsi ma non conoscevo le cifre, mi sembrava però che non ci fosse nulla di gravoso o pericoloso e quindi mi sono detto: perché...
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LA FAMIGLIA
«La famiglia non mi ha ostacolato, mi ha solo invitato a parlare con il medico per assicurarmi che non fosse una cosa rischiosa. In media mi chiamano una volta l'anno. Ho rifiutato solo due volte: una perché si chiedeva la disponibilità per venti giorni, dalle 8 alle 10, e il rimborso non giustificava il disturbo, un'altra perché sarei dovuto rimanere nella struttura 15 giorni e visto che sto bene e posso evitarlo ho detto no. Non mi sono mai tirato indietro per paura. Perlopiù si tratta di testare quanto tempo impiegano i farmaci a essere assorbiti dall'organismo e quanto a essere eliminati. Sono pasticche microscopiche. L'unico disagio è dover rispettare regole rigide anche nei pasti». Le cavie umane all'estero sono richieste, ma Giulio non è interessato. «Ho visto come vengono trattati i volontari altrove. In Italia i comitati etici sono rigidi, così i controlli. Ci sono Paesi nei quali a chi partecipa si richiede di firmare una liberatoria, da noi è prevista un'assicurazione e non è mai successo nulla». Cosa pensa dello scandalo tedesco? «C'è tanta ipocrisia. Molti usano farmaci e non sanno che dietro c'è qualcuno che li ha testati. Dovrebbero ringraziare chi fa i test. Non sono disposto a mettere la vita a rischio per la scienza, ma se nessuno fosse salito su un razzo, non avremmo mai avuto astronauti».
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Il Messaggero