Siria, difficoltà economiche e militari: il Cremlino fa un passo indietro

Siria, difficoltà economiche e militari: il Cremlino fa un passo indietro
È la classica ritirata alla russa come quella mitica del generale Kutuzov contro Napoleone oppure è un cambio di scenario completo? Difficile dirlo. Ciò che...

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È la classica ritirata alla russa come quella mitica del generale Kutuzov contro Napoleone oppure è un cambio di scenario completo? Difficile dirlo. Ciò che è, invece, sicuro è che il Cremlino ha raggiunto in Siria tutti i suoi obiettivi e di più non può chiedere ad una campagna combattuta a migliaia di chilometri dai propri confini. In caso di ostilità in grande stile, con la partecipazione della Turchia, il suo corpo di spedizione sarebbe indifendibile. Primo, la Russia ha evitato il crollo del regime di Assad ed ha “impattato” una partita ormai compromessa. Secondo, con truppe di terra così deboli è impensabile conquistare il restante territorio siriano. Terzo, Mosca ha colpito duramente gli estremisti ex sovietici, legati all'Isis, eliminando con ogni probabilità anche il loro comandante, il ceceno Omar al Shishani. Dal punto di vista diplomatico il Cremlino ha mostrato al mondo di essere un interlocutore necessario negli scenari di crisi e di avere la forza militare per far sentire la sua voce. Inoltre ha portato l'attenzione dell'opinione pubblica internazionale lontano dal “cuore” dei suoi interessi strategici, ossia dallo spazio ex sovietico, dove si è imbottigliato con la crisi ucraina.


 


LA SOLUZIONE FEDERALE Vladimir Putin, difensore dei cristiani in Medio Oriente, compie così un atto di buona volontà per aumentare le chance del processo di pace in corso a Ginevra. Per Mosca la soluzione alla guerra sta nella federalizzazione della Siria. La stessa ricetta che nel 2006 il presidente russo tentò invano di far accettare alla Moldova e prima ancora in Georgia. Invero, dietro alla scelta federale vi sono ragioni economiche. Questo è un ramoscello d'ulivo verso quel mondo arabo sunnita, che detiene le chiavi dell'Opec, con cui Putin sta trattando segretamente da settimane. Il motivo è semplice: se non risale a breve il prezzo del petrolio il Cremlino rischia di trovarsi presto in acque tempestose. Per la prima volta da un quindicennio, confermano alcuni studi, i russi non hanno fiducia nel futuro: il loro livello di ricchezza è tornato al 1999, ossia a quello pre-Putin. Nella gente vi è la certezza che il peggio debba ancora venire. Inoltre si vuole ammorbidire l'Occidente negli ultimi mesi della presidenza Obama. Se in Siria Mosca sta giocando la carta del ritiro, in Ucraina dietro alle quinte si sta vagliando un'ipotesi di accordo con Kiev.
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Il Messaggero