Scarface, le estorsioni e lo spaccio

Scarface, le estorsioni e lo spaccio
Un leader in grado di dirigere e controllare ogni azione criminale, un vero capo nel pieno esercizio delle sue funzioni, che i lunghi anni di detenzione in carcere non hanno mai...

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Un leader in grado di dirigere e controllare ogni azione criminale, un vero capo nel pieno esercizio delle sue funzioni, che i lunghi anni di detenzione in carcere non hanno mai scalfito. Giuseppe Romolo Di Silvio, classe '66, è lo zingaro anziano che riceveva i suoi sodali su una sedia altissima come Scarface, dopo averli perquisiti per non far entrare telefoni in casa. E' colui che ha partecipato alla guerra criminale del 2010 e che, con una condanna a 25 anni di reclusione per l'omicidio di Fabio Buonamano, dal carcere di Rebibbia non ha mai smesso di impartire ordini, di prendere decisioni, di organizzare il suo gruppo e gestire gli affari di famiglia attraverso il suo braccio operativo sul territorio, il genero Fabio Di Stefano, il Siciliano, di cui si fidava come fosse un figlio.

E' a lui dunque che fa capo il gruppo che negli anni a Latina ha continuato ad operare attraverso estorsioni, spaccio di droga, intimidazioni, in una sequenza senza fine di azioni criminali che hanno tenuto sotto scacco grosse fette del territorio. Le operazioni Caronte e Alba Pontina sembravano aver sgominato i vertici del clan, ma l'esercizio di quel potere, consolidato dall'omertà e dalla paura delle vittime, è rimasto sostanzialmente intatto. Così, di volta in volta, commercianti, imprenditori, ristoratori e privati cittadini, hanno piegato ancora la testa e accettato, preferendo spesso pagare e tacere. L'operazione Scarface ha portato all'arresto di altre 33 persone chiudendo il cerchio su alcuni vecchi episodi criminali e facendo luce su una lunga serie di altri episodi inediti e mai denunciati che offrono l'ulteriore prova della forza intimidatrice della famiglia Di Silvio.
Servizi alle pagine 58 e 59
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Il Messaggero