Un censimento e nessuna schedatura. Mentre il ministro dell’Interno Matteo Salvini, alla vigilia del ballottaggio per le amministrative, prova ad alzare i toni, è...
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L’EUROPA
Un passo chiesto dall’Europa. Perché il nostro Paese è chiamato proprio da Bruxelles, entro il 2020, «a migliorare la conoscenza statistica di queste popolazioni e a mettere a punto un sistema di indicatori per il monitoraggio di politiche di inclusione, con particolare riguardo ai settori salute, abitazione, istruzione e lavoro». Un “censimento” che riguarderà cittadini italiani ed europei. Un passo già fatto, in autonomia, da Giuliano Pisapia a Milano. Salvini, infatti, ha ricordato che fu proprio la giunta di sinistra di Pisapia a proporre nel 2012 un censimento di rom, sinti e camminanti a Milano. E ha attaccato: «Se lo propone la sinistra va bene, se lo propongo io è razzismo». Nessuna espulsione sarà possibile. Anzi saranno necessari fondi e progetti per l’integrazione ai quali però il Viminale non ha ancora pensato.
La ricerca è stata condotta coinvolgendo associazioni, enti pubblici e privati, che per diverse ragioni si occupano di RSC e possono avere a disposizione dati. La parte relativa alla salute ha riguardato la raccolta di informazioni sulle condizioni di salute e il ricorso ai servizi sanitari, anche con riferimento a patologie o malattie croniche, disabilità, iscrizione al medico di base, ricorso ad ambulatori, consultori o pronto soccorso. Poi la parte sulla fruizione di prestazioni erogate dai servizi sociali, che vanno dalla presa in carico e l’accompagnamento, alla tutela dei minori, agli interventi di protezione di donne maltrattate, al processo di iscrizione all’anagrafe. Infine, per quanto concerne le condizioni abitative, il tipo di sistemazione abitativa, le presenze ufficiali ed ufficiose, la varietà delle strutture abitative, presenza e qualità dei servizi e delle infrastrutture.
I PRECEDENTI
Nel 2011, dopo una bocciatura del Tar era stato palazzo Spada a cassare definitivamente come “illegittimo” tutto l’impianto emergenziale voluto dal Consiglio del ministri nel cosiddetto “Piano rom”, legato a un presunto stato di emergenza. Che aveva portato il sindaco di Roma Gianni Alemanno a nominare il prefetto Giuseppe Pecoraro commissario straordinario e di conseguenza a procedure di identificazione e censimento, al presidio di vigilanza all’interno dei sette “villaggi attrezzati” presenti a Roma, fino all’obbligo per i rom di sottoscrivere una dichiarazione di impegno al rispetto delle norme interne di disciplina per risiedere all’interno dei “villaggi attrezzati”. Non solo il decreto prevedeva anche il Dast, la tessera che consente di accedere e risiedere nei “villaggi attrezzati”, consegnata ai presenti.
Palazzo Spada aveva decretato l’insussistenza dell’emergenza nomadi. Sostenendo che quel tipo di censimento, non finalizzato all’integrazione, violasse i principi generali in materia di libertà personale e fosse discriminatorio, il tutto in base alla legge sull’immigrazione, frutto della direttiva Ue che sancisce il divieto di discriminazione tra persone, indipendentemente dalla razza e dall’appartenenza etnica. È del 2013, invece, la sentenza del tribunale civile di Roma che ha condannato lo Stato per la fotosegnalazione di un cittadino italiano di etnia rom, censito tre anni prima proprio sulla base di quel decreto.
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Il Messaggero