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«Sì, io gli ho detto: la morte di Gianmarco lega sulla droga». C'è molto di più della ricostruzione del traffico di stupefacenti tra Roma, Ponza e Napoli, nell'ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip Domenico Di Croce del Tribunale di Cassino. Cinque arresti ai domiciliari e tre obblighi di firma, le misure eseguite l'altro ieri per detenzione e spaccio di droga a seguito di un'inchiesta partita dal decesso dell'ex campione di kickboxing Gianmarco Pozzi, 27 anni, avvenuta il 9 agosto 2020 a Ponza. Se da un lato l'atto giudiziario mette in luce anche il coinvolgimento di Pozzi nella compravendita di cocaina da portare sull'isola, dove faceva il buttafuori al Blue Moon, dall'altra fornisce dettagli che lasciano ben sperare alla famiglia del defunto che da quasi due anni chiede verità e giustizia sulla sua tragica fine. Verità e giustizia che hanno spinto la sorella Martina a indossare i panni del detective.
LA CONVERSAZIONE
Nell'ordinanza del giudice Di Croce, emessa esclusivamente per fatti di droga, viene riportata una conversazione registrata proprio da Martina e consegnata ai carabinieri.
L'ALLARME
Le attività di indagini sulla rete dello spaccio e sui canali di approvvigionamento per l'estate ponzese, che l'altro ieri hanno portato all'arresto anche del gestore del Blue Moon Vincenzo Pesce, 34enne di Ponza, e di Allessio Lauteri, 28enne di Roma, amico di Gianmarco e suo coinquilino sull'isola pontina, si sono fermate come risulta dall'ordinanza del Gip a fine 2020. Le misure cautelari, richieste dal pm Flavio Ricci, sono scattate dopo quasi un anno e mezzo. Desta inoltre particolare allarme, con riferimento alle posizioni del Pesce e del Lauteri, la circostanza che scrive il giudice nella sua ordinanza i medesimi abbiano proseguito lo smercio di droga a distanza di pochi giorni dal decesso del Pozzi e nella consapevolezza di essere inevitabilmente sottoposti all'attenzione delle forze dell'ordine. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero