«Ho scelto di restare qui a Firenze, anche se la mia città è stata Milano, per tutti questi ultimi anni. Ma sento di voler stare vicino al mio Teatro, quello...
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Alexander Pereira, austriaco, 72 anni, ex sovrintendente del Teatro La Scala, da dicembre alla guida del lirico toscano, è nella sua casa in campagna, nella zona di Chiesa Nuova: «Guardo il verde, le colline del Chianti, c’è un laghetto con le tortorelle, cerco di riprogrammare, salvare il salvabile, guardare al futuro con ottimismo, anche se mi sento le mani legate, anzi tagliate».
Appeso a un filo un cartellone di dieci opere liriche, sedici appuntamenti sinfonici e concertistici con Mehta, Chung, Gatti sul podio, Livermore, Abramovic, Binasco e Zhang Yimou alla regia, Sartori, Meli, Yoncheva, Domingo e Stoyanova le voci. E Muti in arrivo: «A Milano non ci sono riuscito, ma stavolta ce la faccio», aveva assicurato il sovrintendente al momento della presentazione della stagione.
Il Festival del Maggio era previsto dal 23 aprile al 23 luglio, un’edizione extra-large, con produzioni internazionali. Come sta riorganizzando il lavoro?
«L’inaugurazione con l’opera buffa di Cherubini, “Lo sposo di tre o il marito di nessuna” il 23 aprile, è sfumata.
Anche Il Ballo in maschera con la regia di Davide Livermore, titolo di chiusura a fine luglio, potrebbe essere ricollocato in autunno?
«Vediamo. Per l’opera di Verdi qualche speranza ancora c’è. Soltanto se l’allarme sarà definitivamente rientrato. Mi sembra difficile. Ma fino all’ultimo momento ci proviamo. Si procede giorno per giorno. Ora dobbiamo soltanto augurarci di stare bene, tutti, presto».
Che musica ascolta in questi giorni a luci spente?
«Lavorando in un teatro d’opera, spesso si trascura la musica da camera. Approfitto per recuperare, Le Sonate di Beethoven, i quartetti di Schubert, Ligeti, Kurtag. E cucino».
Il suo piatto forte?
«Fegato alla veneziana. Ma da solo è meno gratificante. La mia compagna Daniela è rimasta bloccata a Milano. Non è facile stare lontani, ma bisogna farcela».
Approfitta per immaginare le stagioni future?
«Cerco di ascoltare cantanti, nuove voci in giro per il mondo. L’altro giorno ho sentito il soprano canadese Kirsten McKinnon, in una registrazione da un festival inglese. Bravissima. Mi piacerebbe averla al Maggio. Prima o poi».
Ascolta anche i flashmob dalle finestre? L’Inno d’Italia? Va’ pensiero?
«I professori d’orchestra del Maggio già hanno organizzato dei a distanza, ognuno dalla sua finestra. Cerchiamo di far sentire la nostra voce».
L’online? Che cosa consiglia del vostro cartellone digitale?
«La Volpe astuta, di Janacék, un gioiello, che ha avuto ben più di 10mila contatti. Dall’archivio abbiamo rispolverato Turandot, Le Nozze dirette da Mehta, tutte le produzioni con Muti. Un modo per recuperare titoli, rivedere spettacoli con una nuova attenzione».
Qualcuno ha paragonato questo flagello del Coronavirus alla guerra. Che cosa ne pensa?
«Che durante una guerra si combatte tutti insieme. Oggi siamo tutti molto più soli». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero