Processo Alba Pontina, le parti civili: «Comune e Regione danneggiati dal clan»

Processo Alba Pontina, le parti civili: «Comune e Regione danneggiati dal clan»
Una lunga udienza del processo Alba Pontina' ormai alle battute finali quella che si è tenuta ieri nell'aula della Corte di Assise. In apertura hanno preso...

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Una lunga udienza del processo Alba Pontina' ormai alle battute finali quella che si è tenuta ieri nell'aula della Corte di Assise. In apertura hanno preso nuovamente la parola i rappresentanti dell'accusa dopo che il presidente Gianluca Soana ha comunicato la sostituzione di un componente del collegio, circostanza che ha reso necessario riproporre la requisitoria. I pubblici ministeri Luigia Spinelli e Claudio De Lazzaro hanno quindi ripercorso le fasi dell'indagine sul gruppo criminale di Armando Di Silvio, smantellato con i 25 arresti disposti dalla Dda nel giugno 2018. I pm hanno ricostruito l'ascesa del clan di Campo Boario dal 2010 spiegando come nel corso degli anni il gruppo abbia conquistato le principali piazze di spaccio di Latina anche grazie all'inchiesta Don't Touch che ha messo fuori gioco il clan concorrente dei Travali. «Il processo hanno sottolineato ha offerto ampia prova che si trattava di un'organizzazione di stampo mafioso sia per le caratteristiche del gruppo che per la forza di intimidazione che sono riusciti ad esercitare anche gestendo alcune campagne elettorali».

L'accusa ha chiuso riproponendo le richieste di condanna per gli otto imputati chiamati a rispondere a vario titolo di associazione di stampo mafioso, traffico di stupefacenti, estorsione, violenza privata, favoreggiamento, intestazione fittizia di beni, riciclaggio e reati elettorali: 25 anni per Armando Di Silvio; 15 anni per la moglie Sabina De Rosa; 11 anni per Francesca De Rosa e altrettanti per Genoveffa e Angela Di Silvio; sei anni ciascuno per Giulia Di Silvio e Tiziano Cesari; 15 anni per Federico Arcieri. Poi la parola è passata alle parti civili. Per la Regione Lazio l'avvocato Carlo D'Amata ha messo in evidenza il danno enorme provocato alla collettività e alle strutture sanitarie dall'attività di spaccio di stupefacenti mentre l'avvocato Francesco Cavalcanti per il Comune di Latina ha sottolineato come la forza dell'organizzazione abbia condizionato la società civile interessando trasversalmente categorie professionali diverse. «L'amministrazione comunale ha ricordato ha a cuore il valore della legalità tanto da avere istituito un assessorato ed un ufficio ad hoc: l'azione di questo gruppo ha danneggiato l'immagine della città, l'ha mortificata e bisogna evitare che comportamenti di questo genere vengano replicati». Il legale dell'associane Caponnetto' Felicia D'Amico ha ricordato come fino a qualche anno fa era impensabile parlare di mafie in riferimento al Lazio. Poi la parola è passata alla difesa: hanno parlato gli avvocati Emiliano Vitelli, Emanuele Farelli e poi Oreste Palmieri che ha contestato le dichiarazioni dei pentiti sottolineando l'assenza della caratteristica mafiosa del gruppo e l'estraneità di Lallà Di Silvio. Si torna in aula il 14 luglio per le arringhe degli altri difensori.
Elena Ganelli
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Il Messaggero