Droga all'Icot, i vertici della struttura: «Ci costituiremo parte civile al processo»

Droga all'Icot, i vertici della struttura: «Ci costituiremo parte civile al processo»
Nessuna voce, nessun sospetto, nessuno poteva sapere nulla. «Ma i risultati raggiunti sono tanti e tali che non può essere messa in discussione la serietà...

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Nessuna voce, nessun sospetto, nessuno poteva sapere nulla. «Ma i risultati raggiunti sono tanti e tali che non può essere messa in discussione la serietà della struttura e dei professionisti che ci lavorano». Così i vertici dell'Icot prendono la parola dopo l'indagine condotta dalla guardia di finanza di Latina che solo una settimana fa ha portato all'arresto di un pusher (esterno agli ambienti sanitari), Angelo Rigliaco, e all'interdizione dall'attività professionale per un anno per un medico ortopedico dell'ospedale, Luigi Emanuele, che secondo gli inquirenti faceva abituale uso di cannabinoidi e si prodigava per acquistare dosi doppie anche per conto di un altro professionista in servizio nello stesso nosocomio. Il provvedimento ha inevitabilmente creato uno scossone nell'ambiente e ora la dirigenza vuole dire la sua. «L'unico provvedimento che ci è stato notificato è quello che riguarda la sospensione del medico spiega Emmanuel Miraglia, presidente del gruppo Giomi A questa ordinanza del giudice abbiamo dato prontamente riscontro. Ma altri fatti, altri provvedimenti, altri sospetti non ci sono stati comunicati. Ribadiamo però che, laddove questa indagine dovesse proseguire e coinvolgere altri professionisti, ci costituiremo parte civile perché il danno di immagine provocato da questo episodio è molto grave e lede il prestigio e l'onorabilità dei medici e degli operatori». Accanto al presidente Miraglia, il direttore sanitario Angelo Boumis, il direttore amministrativo Roberto Ciceroni e il direttore d'istituto Giancarlo De Marinis.

L'ospedale Icot, il secondo della città di Latina dopo il Goretti, conta 100mila metri quadrati di superficie, decine di operazioni al giorno, corsi di laurea e specializzazione, un centro dialisi, un pronto soccorso traumatologico, una Rsa e ambulatori dove ogni giorno si recano centinaia di pazienti. «Nel nostro comprensorio spiega ancora Miraglia Ci sono circa mille operatori. Impossibile rincorrere le voci. Per quello che sappiamo, l'inchiesta riguarda uno solo e ci deve essere massima tranquillità per i pazienti che si rivolgono a noi». Incalzata dalle domande dei cronisti, l'azienda non nasconde di avere le mani legate. Gli altri indagati (16 in tutto, molti dei quali estranei alla struttura sanitaria) non solo non possono essere perseguibili per l'uso personale di stupefacenti, ma non possono essere neanche controllati né licenziati sulla base di sospetti. «Non è possibile prendere alcun provvedimento nei confronti di eventuali altri assuntori fra i dipendenti e gli operatori dell'ospedale aggiunge il presidente Non è previsto dalla legge, anzi è vietato. Abbiamo anche fatto un interpello per capire se, alla luce di queste notizie, ci fosse da parte nostra la possibilità di intervenire, ma non è pensabile in nessuna azienda italiana sottoporre i dipendenti a controlli sugli stupefacenti». La dirigenza dell'Icot precisa di essere stata solo avvisata, nel 2021, di un'ispezione all'interno dell'armadietto di un portantino, Renato Gargiulo, poi arrestato in flagranza dai finanzieri, considerato il fornitore di diversi altri operatori del nosocomio e colui che di fatto ha consentito agli investigatori di puntare i riflettori sull'Icot. L'operatore, che lavorava al centro dialisi, è tornato in servizio su ordine della magistratura e con gli arresti domiciliari gli è stato concesso un permesso per recarsi ogni giorno al lavoro. «Nelle sale operatorie di questo ospedale spiega il dottor De Marinis si lavora ogni giorno in maniera egregia. Non abbiamo mai nutrito sospetti su nessuno dei nostri professionisti». Il direttore sanitario Angelo Boumis aggiunge che «un uso costante di stupefacenti in un ambiente sanitario sarebbe difficile da nascondere».
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Il Messaggero