Giudici incompatibili salta il processo a Del Prete e Forzan

Giudici incompatibili salta il processo a Del Prete e Forzan
Nulla di fatto nella prima udienza del processo a carico dell'imprenditore dei rifiuti Raffaele Del Prete e del suo collaboratore Emanuele Forzan arrestati a luglio dello...

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Nulla di fatto nella prima udienza del processo a carico dell'imprenditore dei rifiuti Raffaele Del Prete e del suo collaboratore Emanuele Forzan arrestati a luglio dello scorso anno con l'accusa di scambio elettorale politico di tipo mafioso nell'ambito dell'inchiesta condotta dalla Polizia di Latina e Roma, unitamente ai Carabinieri del locale Comando Provinciale e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Roma.


Ieri mattina in apertura dell'udienza del processo che si svolge con il giudizio immediato il collegio penale composto da Soana, Velardi e Nadile ha dichiarato di doversi astenere essendo incompatibile ed ha rimesso gli atti al Presidente del Tribunale affinché provveda ad assegnare il caso ad un diverso collegio. I tre magistrati infatti si erano occupati del processo Alba pontina' (Soana come presidente del collegio che ha emesso la sentenza di condanna) che è legato da un filo rosso all'indagine sulla compravendita di voti nella campagna elettorale per le amministrative di Latina del 2016. L'udienza, quindi, non si è potuta tenere e a giudicare gli imputati dovranno essere altri magistrati.
All'origine dell'indagine che ha portato all'emissione di una ordinanza cautelare nei confronti di Del Prete e Forzan e all'iscrizione nel registro degli indagati dell'europarlamentare della Lega Matteo Adinolfi, protagonisti secondo gli investigatori di uno scambio elettorale politico di tipo mafioso vale a dire soldi in cambio di voti con l'utilizzo di esponenti del clan di Armando Lallà Di Silvio, ci sono in effetti le dichiarazioni del collaboratori di giustizia Agostino Riccardo.
IL PENTITO
È stato lui a rivelare ai magistrati della Dda della sua collaborazione con Del Prete nel 2016 quando venne contattato e ingaggiato per raccogliere voti a favore di Adinolfi, all'epoca candidato alla guida della lista Noi con Salvini'.
Secondo la ricostruzione dell'accusa, rappresentata dai sostituti procuratori Corrado Fasanelli, Claudio De Lazzaro e Luigia Spinelli, l'imprenditore, previo pagamento di una somma di 45mila euro ad alcuni membri del gruppo criminale di Campo Boario assicurava l'aggiudicazione di almeno duecento voti al capolista nei quartieri di influenza criminale del Clan.
IL TORNACONTO
L'elezione del politico, sempre secondo l'accusa, sarebbe stata per l'imprenditore funzionale alle strategie economiche della sua società per ottenere verosimilmente il monopolio nella gestione dei rifiuti e delle bonifiche nel territorio del capoluogo pontino.

L'udienza è stata aggiornata al 6 aprile prossimo data alla quale sarà comunicata la decisione del Presidente del Tribunale e con ogni probabilità anche la composizione del nuovo collegio giudicante.

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Il Messaggero