Avevano bevuto, una grande quantità di alcool, ma soprattutto si erano fidate di loro, perché indossavano una divisa. Del resto, due carabinieri che si offrono di...
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Il documento prelude a una richiesta di rinvio a giudizio con accuse che non lasciano dubbi: violenza sessuale aggravata dalle minorate condizioni psicofisiche. A sostegno dell’impianto accusatorio, le perizie consegnate qualche mese fa dove viene confermato che nel sangue delle studentesse c’era una quantità di alcool pari a 1,68 h g/l per la più grande delle due, e a 1,59 per l’altra. Il prelievo che è stato fatto dopo le 6 del mattino, quando già era passata qualche ora dal rientro a casa, ha rilevato un tasso alcolemico che viene definito grave, e che va ad appesantire la posizione degli indagati.
RAPPORTO CONSENZIENTE
L’appuntato Camuffo (53 anni) e il carabiniere scelto Costa (32 anni) hanno sempre improntato la loro difesa sul rapporto consenziente, sul fatto che le ragazze fossero d’accordo. Anche se alle 3,48 del 7 settembre, la telefonata che arriva al 113, è di una persona confusa, disperata, che dice: «Venite a prenderci per favore, violentati dalla polizia, polizia macchina la casa». La giovane si sbaglia, forse neanche conosce la differenza tra polizia e carabinieri, e quando arrivano le volanti, trovano due ragazze in stato di shock e in preda a una crisi di pianto.
I mesi a seguire non sono stati facili. La loro testimonianza è stata raccolta durante un incidente probatorio che è servito a evitare di farle tornare in Italia per il processo. Anche se, nelle dodici ore di udienza, sono state bersagliate da più di 250 domande che gli avvocati difensori hanno presentato al gip. Non tutte sono state accolte, il giudice ha filtrato le più imbarazzanti. Ma questo non ha evitato che venissero interrogate sull’abbigliamento intimo di quella sera, sul fatto che potessero piacergli gli uomini in divisa. «Ne subite il fascino? - ha insisto Giorgio Carta, legale di Pietro Costa - Anche perché il mio assistito è un gran bel ragazzo. Non ha bisogno di violentare le donne». Ora la procura ha concluso le indagini e ritiene che le accuse siano suffragate da diversi elementi di prova. La battaglia, comunque, si annuncia dura, perché da parte loro, gli indagati, insistono sul fatto che le ragazze fossero ben coscienti di quanto stava accadendo, e non si sono sottratte. «Ci siamo anche scambiati i numeri di cellulare - si è difeso Camuffo (assistito dall’avvocato Cristina Menichetti) - Hanno detto che non ce lo avevano e invece è ancora nella memoria dello smartphone di una delle due».
LA SOSPENSIONE
Nel frattempo, i due militari sono stati sospesi dall’Arma, ed è arrivata a conclusione anche l’indagine aperta dal procuratore militare Marco De Paolis, per i reati di concorso in violata consegna continuata e aggravata e concorso in peculato militare aggravato: Camuffo e Costa hanno usato l’auto di servizio e hanno mentito ai superiori. «L’ipotesi che i rapporti sessuali siano stati consumati contro la volontà, o comunque senza un consapevole, valido e percepibile consenso delle due ragazze - è scritto negli atti dell’inchiesta - appare estremamente verosimile. I profili di gravità indiziaria a carico dei due carabinieri risultano elevatissimi. Hanno utilizzato l’auto di servizio per accompagnare due civili, e subito dopo averle fatte entrare nel portone di casa, hanno abusato di loro».
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Il Messaggero