Diario di Yara Gambirasio, pagina del 25 novembre 2010: «Trovo almeno otto cose che cambieranno la nostra vita nel corso del tempo». Ma di tempo, la tredicenne non ne...
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118MILA UTENZE Così la Procura di Bergamo si è avventurata in un’indagine unica al mondo: ha acquisito i tabulati di oltre 118 mila utenze telefoniche, ha prelevato e analizzato più di 25 mila profili genetici, ha riesumato la salma dell’autista di Gorno Giuseppe Guerinoni, padre naturale del carpentiere, ha rintracciata la madre (Ester Arzuffi) frugando nella memoria del paese in cui ha abitato. Ma ad eccezione del dna di Massimo Bossetti - che combacia al 99,99999987% con quello di Ignoto 1 isolato sui vestiti della ragazzina - l’accusa si è sempre mossa sul terreno scivoloso degli indizi. A puntare il dito contro il carpentiere ci sono le fibre tessili sul corpo di Yara, compatibili con il tessuto dei sedili dell’Iveco Daily, le microsfere di metallo usate nell’edilizia trovate sotto le sue scarpe e la calcina nei polmoni. Per contro, non è emerso né prima, né durante il processo un movente chiaro: la parte civile ha ipotizzato l’aggressione a sfondo sessuale, la pm è stata più prudente. Manca l’arma del delitto, non si sa come Yara sia stata portata via dalla palestra. Con la forza? Con l’inganno? O forse ha solo accettato un passaggio. E ancora: Bossetti e Yara si conoscevano? Il muratore giura: «Mai vista in vita mia». Però c’è una signora, Alma Azzolini, che davanti ai giudici ha riconosciuto il manovale come l’uomo che, una mattina di agosto 2010, aspettava una ragazzina nel parcheggio del cimitero. Lei aveva l’apparecchio ai denti, lunghi capelli mossi e quando alla testimone viene mostrata una serie di foto di Yara dice sicura: «Sì, è lei». Questo ricordo però riemerge a distanza di anni, troppi secondo la difesa per ritenerlo attendibile.
CELLE E CALCINA E non incastrano il manovale nemmeno i tabulati telefonici.
Il Messaggero