Due sale allestite in caso di emergenza di Stato: una per il presidente del Consiglio, l’altra per il Governo. E una terza, con una grande vetrata che guarda verso Roma e il...
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Ieri, 40 studenti dell’esclusivo Convitto nazionale sono stati sorteggiati, tra i più meritevoli, per entrare nel mondo dell’intelligence. Doppia l’occasione: l’inaugurazione del Museo storico dell’Agenzia e la campagna di sensibilizzazione sulla consapevolezza digitale (“Be Aware. Be Digital”, finanziata dalla Presidenza del consiglio e voluta dal direttore del Dis Alessandro Pansa). E loro, i ragazzi “Millenials”, hanno finalmente abbandonato il cellulare per qualche ora e hanno accolto l’invito con grande curiosità, tra l’interesse per una professione finora associata solo a James Bond, e la possibilità di un reale sbocco lavorativo futuro.
È bastato arrivare a destinazione per capire il livello di segretezza. La sede non ha numero civico, chi accede deve lasciare all’ingresso telefonini e ogni apparecchiatura elettronica, mentre viene controllato a vista da uomini collegati tra loro da un auricolare quasi invisibile. Del resto, in quegli uffici sono custoditi i maggiori segreti della Repubblica, tanto che non verranno dismessi neanche quando le tre Agenzie trasferiranno i loro uomini nel mega palazzo di piazza Dante.
IL FATTORE UOMO
«Sicurezza elettronica sì - chiarisce il direttore Alberto Manenti - anche se non garantisce al cento per cento». E racconta: «Qualche tempo fa si era presentato l’amministratore delegato di un’importante società che ci aveva offerto un costosissimo impianto per il controllo elettronico. A suo dire era perfetto e forse lo era per davvero. Peccato che la segretaria si era fatta reclutare da servizi nemici e aveva passato i codici rendendo inutilizzabile l’impianto. Per questa ragione, per me l’investimento migliore, in tema di 007, resta quello sulla professionalità degli agenti. Sul fattore uomo».
Ecco perché, appena entri, il primo impatto è con la stele di chi è morto in servizio, e con l’auto crivellata di colpi, sulla quale viaggiava Nicola Calipari, il funzionario dei servizi ucciso dal “fuoco amico” Usa mentre proteggeva la giornalista Giuliana Sgrena, rapita a Baghdad. Ci sono gli uomini e c’è la storia, a cominciare da Enigma, la macchina originale usata dall’esercito e dalla Marina tedesca fino a tutta la Seconda guerra mondiale per parlare con Tokyo e Berlino. E la foto della torre aragonese di Alghero, dove si trova la sede dell’operazione Gladio, il servizio segreto parallelo svelato negli anni Novanta. Più tutti gli altri cimeli usati dalle nostre spie in varie epoche. Solo una parte delle tante tecnologie messe in campo per la tutela della sicurezza del paese.
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Il Messaggero