ROMA Un passo avanti e due indietro. Lo “spacca-Italia”, il progetto autonomista di Veneto e Lombardia avanza con l’andatura del gambero. Il vertice di governo...
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L’accordo che sulla carta era stato raggiunto la scorsa settimana sulle risorse finanziarie da destinare al finanziamento delle funzioni trasferite alle Regioni del Nord si è dimostrato scritto, ancora una volta, sulla sabbia. Lega e Cinque Stelle sono ancora distanti su un punto centrale: a chi deve andare il maggior gettito fiscale che matura da un anno all’altro in Veneto e Lombardia una volta saldato il conto delle funzioni trasferite dallo Stato centrale? L’accordo della settimana scorsa prevedeva che confluisse in un fondo perequativo. I soldi, cioé, dovevano servire a finanziare i servizi delle Regioni (soprattutto meridionali) che hanno meno risorse. Secondo la Lega, invece, i soldi dovrebbero restare nel bilancio dello Stato, o meglio in quello delle Regioni, le quali avrebbero diritto comunque ad una quota di questo gettito extra. Insomma, Veneto e Lombardia non sono disposte a rinunciare tanto facilmente a quel “dividendo fiscale” sul quale hanno costruito i loro referendum sull’autonomia.
Un accordo le squadre di Lega e Movimento Cinque Stelle non l’anno trovato neppure sulla definizione dei Lep, i livelli essenziali delle prestazioni, ossia il livello minimo dei servizi che deve essere garantito a tutti i cittadini italiani a prescindere dalla Regione nella quale risiedono. Per provare a sciogliere i nodi finanziari, è stata convocata una nuova riunione per giovedì, alla quale sarà chiamato a partecipare il ministro dell’Economia Giovanni Tria. Ma quello finanziario non è l’unico nodo. La questione della scuola continua a tenere banco. Il Movimento rimane fermamente contrario all’articolo 12 dello schema della riforma, dedicato all’assunzione diretta dei docenti e ai concorsi regionali.
IL RISCHIO
Per i pentastellati il rischio è di recare danno alle Regioni istituendo scuole di serie A, B e C con la possibilità di incappare inoltre nell’incostituzionalità della norma. Del resto il 24 aprile scorso, il presidente del Consiglio Conte aveva firmato un accordo con i sindacati della scuola in cui assicurava l’unitarietà dell’istruzione. Nessun passo avanti, inoltre, è stato fatto su un altro delicatissimo punto: le infrastrutture. Veneto e Lombardia continuano a chiedere la titolarità delle concessioni autostradali e la proprietà della rete ferroviaria. Un passaggio, questo, fortemente ostacolato dal Movimento Cinque Stelle. Che, invece, ha ottenuto un punto a suo vantaggio riuscendo a far stralciare dalle bozze la regionalizzazione del Fus, il Fondo unico per lo spettacolo. Matteo Salvini ha detto che «il vertice è andato bene», nonostante abbia abbandonato il tavolo in anticipo. Luigi Di Maio ha detto invece che c’è «ancora molto da fare». La ministra Stefani si è detta ottimista, ammettendo però di brancolare ancora nel buio sui tempi dell’intesa ma garantendo che si «andrà ad oltranza». Inoltre, ha spiegato la ministra, «il Parlamento deve essere principe e padre della riforma e sarà prerogativa dei presidenti della Camera e del Senato decidere quali saranno le modalità di discussione» della riforma sulle Autonomie. Un altro aspetto fondamentale dello “spacca-Italia” ancora avvolto dalla nebbia. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero