Un fatto molto grave che mette sul banco degli imputati la Volkswagen, ma anche il motore diesel sul quale hanno investito molto numerosi costruttori, non solo tedeschi. In Italia...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 6 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
A suo svantaggio ci sono le emissioni di particolato (polvere sottili) e ossidi di azoto (NOX) che sono stati man mano trattati con interventi alla combustione e, soprattutto, allo scarico. Ci sono delle normative di omologazione che stabiliscono i limiti delle varie sostanze, ma i risultati di questi test differiscono in modo sostanziale dai valori nel normale utilizzo. Differenze tollerate (arrivano anche al 40-50%) che pure i consumatori conoscono.
Se le accuse dell'Epa sono vere è profondamente diverso quanto accaduto nel caso Volkswagen. L'azienda di Wolfsburg, che per rafforzarsi in Nord America aveva puntato proprio sul diesel, era stata messa in guardia: i suoi TDi andavano molte volte oltre i limiti consentiti e, a quanto pare ma tutto dovrà essere dimostrato, per risolvere il problema avrebbe studiato il software proibito che si accorgeva se erano in atto misurazioni di inquinamento e tagliava le emissioni per poi ridare potenza (e veleni nell'aria) nel normale utilizzo.
Oltre alle accuse circostanziate contenute nell'atto ufficiale dell'Epa (per il momento non ha ordinato richiami e ipotizzato sanzioni) i media Usa hanno cercato di ricostruire l'accaduto. Tutto sarebbe partito un anno fa, nell'ottobre del 2014, quando Peter Moch e John German, due specialisti dell'Icct avevano iniziato delle misurazioni sulle emissioni di alcune vetture a gasolio (due Volkswagen e una di un altro costruttore) nel normale utilizzo su strada. I valori riscontrati, non solo non erano in linea con la direttiva Euro 6 europea, ma nemmeno con la vecchia Euro 5.
Appurata l'enormità delle differenza gli esperti decidono di approfondire ed elaborano una nuova tecnica di misurazione in collaborazione con la West Virginia University. I modelli in questione effettuano test sulle highway americane attraversando gli States da Sud a Nord, da San Diego a Seattle, i risultati vengono poi confrontati con i test in laboratorio delle stesse auto.
Evidente che qualcosa non quadra, i valori sono superiori da 15 a 35 volte. Vale la pena di ricordare quanto le autorità Usa siano dure con i costruttori poco trasparenti. General Motors ha recentemente pagato 900 milioni per il problema al blocchetto di accensione, Toyota 1,2 miliardi qualche tempo fa per problemi all'acceleratore (in entrambi i casi ci sono state vittime). Nulla in confronto ai 18 miliardi che rischierebbe Volkswagen.
G.Urs.
Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero