Settore auto: dopo le speranze deluse, il comparto appeso agli incentivi. Nel 2022 crescita globale prevista del 6,2%

Settore auto: dopo le speranze deluse, il comparto appeso agli incentivi. Nel 2022 crescita globale prevista del 6,2%
Se l’industria automobilistica italiana aveva guardato al 2021 come a una annata di forte ripresa - dopo un 2020 devastato dal covid, con 1,38 milioni di auto vendute, -28%...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
159,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
79,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA
ANNUALE
79,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
159,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 6 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

Se l’industria automobilistica italiana aveva guardato al 2021 come a una annata di forte ripresa - dopo un 2020 devastato dal covid, con 1,38 milioni di auto vendute, -28% sul 2019, a livelli non più toccati dagli anni Settanta - i dati in arrivo domani, con un totale stimato ad appena 1,46 milioni di unità, rappresentano assai più di una speranza delusa. I primi sei mesi sono stati naturalmente ‘rombantì con aumenti annui a doppia o tripla cifra, mentre il secondo semestre è andato persino peggio dello stesso periodo del 2020, trasformando quello che si è appena chiuso come il primo anno del ‘nuovo mercato automobilisticò, simbolo di una crisi o meglio di una trasformazione che è di più livelli: di tecnologie, di produzione, di modelli di vendita e di comportamenti di acquisto.

In sè, a segnare il 2021 è stata - sul fronte costruttori - la grande fusione fra Fca e Psa: la Stellantis che ne è nata ha già messo a segno risultati commerciali e produttivi lusinghieri, con un passaggio forse più soft di quanto in molti avessero ipotizzato. Ma all’orizzonte si preannunciano scelte importanti (soprattutto per l’Italia, per i suoi marchi e i suoi stabilimenti) mentre la transizione tecnologica (con la pressione per il passaggio a modelli elettrificati, più raffinati ma anche più costosi) e soprattutto la crisi globale dei semiconduttori hanno creato qualcosa di molto simile a una ‘tempesta perfettà che rischia di lasciare macerie nella rete dei concessionari e in tutto il sistema che ruota intorno alle quattro ruote. In una sua analisi del mercato globale, Moody’s definisce ‘stabilì le prospettive per il settore automobilistico per i prossimo 12-18 mesi, e quindi «ben al di sotto del picco del 2017» con una «ripresa delle vendite relativamente lenta». Per il 2022 si parla di una crescita del 6,2% rispetto all’anno che si è appena chiuso, devastato dall’impatto del Covid e della crisi dei semiconduttori : secondo l’analista Matthias Heck, «le case automobilistiche riusciranno a mitigare le limitazioni della catena di approvvigionamento migliorando il mix e aumentando i prezzi, con problemi di forniture in calo e un recupero dei volumi nella seconda metà del 2022».

Ma quel +6,2% - avverte Moody’s - sarà soprattutto ‘sulle spallè della Cina mentre Europa e Nordamerica dovrebbero limitarsi a una crescita sotto il 5%, con incertezze ancora a dominare lo scenario. Ma l’Italia con una crescita sotto il 5% resterebbe a livelli in un certo senso insostenibili per stabilimenti e rete di distribuzione. Serve una ‘spintà dalle istituzioni, spinta che però non è arrivata dalla Legge di Bilancio, con una mancanza di misure che hanno portato l’Unrae a un durissimo commento post-manovra in cui si esprimeva «sconcerto per la decisione delle Istituzioni di ignorare totalmente gli incentivi per il mercato delle autovetture e dei veicoli commerciali leggeri». Infatti in quella che un tempo si chiamava Finanziaria si trovano soltanto due provvedimenti per il settore dell’ auto, ovvero un bonus da 150 milioni per il solo 2022 per gli ‘operatori economicì di diversi settori fra cui quello automobilistico) colpiti dalla pandemia e una proroga dei termini per l’incentivo fino a 3500 euro al cosiddetto retrofit elettrico.

Decisamente troppo poco per l’associazione delle case straniere che ha lamentato come siano «rimasti infatti completamente disattesi i più recenti annunci della politica sull’importanza della transizione ecologica e sul ruolo del settore automotive; un’assenza di strategia, o forse proprio una strategia, che farà inevitabilmente ricadere i costi sociali ed economici della transizione esclusivamente su consumatori, lavoratori e imprese e che rischia di relegare l’Italia a una sorta di mercato di »serie B« - in Europa - per diffusione di nuove tecnologie e per anzianità e obsolescenza del parco circolanteW. Eppure nell’ultimo anno, grazie agli incentivi per l’acquisto dei nuovi veicoli a zero e a basse emissioni, le auto cosiddette elettrificate (full-electric, plug-in hybrid e hybrid) sono aumentate del 116% (più che raddoppiando i volumi immatricolati). Inoltre, sono state rottamate 350.000 vetture, più del 90% con oltre 10 anni di vita e quindi altamente inquinanti e poco sicure, consentendo all’ambiente un risparmio di circa 215.000 tonnellate di CO2 l’anno. Insomma, seppur in un periodo particolarmente complesso, sembrava fossero state poste le premesse per avviare il percorso verso una nuova mobilità più sostenibile.

Ora - ha spiegato l’Unrae - «tutto si è fermato» e per Andrea Cardinali, Direttore Generale dell’associazione, «se questo atteggiamento di indifferenza da parte del Governo resta inalterato, c’è da chiedersi come sia pensabile arrivare ai target di diffusione delle nuove tecnologie proposti in Europa». Non meno preoccupati i toni dell’Anfia che - ricordando come i « gravissimi problemi di approvvigionamento e rincari di microprocessori, acciaio e materie prime plastiche frenano o interrompono i flussi produttivi della componentistica e dei Costruttori» - invoca una minore dipendenza dell’Europa. Sul fronte microchip i produttori sono concentrati nel Sud-Est asiatico: la Taiwanese TSMC detiene circa il 50% del mercato, ricorda l’associazione che invoca «una riflessione su quanto può essere strategico avere degli insediamenti produttivi» nel nostro continente: «se la gravità della situazione dovesse protrarsi, potrebbe determinare un disastro economico di proporzioni superiori a quello della crisi del ‘29 o della crisi post Lehman, con impatti sociali mai visti prima nell’era economica moderna».

In realtà sul fronte incentivi i rumors parlano di possibili misure in arrivo, ma quello che serve - osservano gli operatori - sono strategie e misure di lungo periodo: per Gian Primo Quagliano Presidente del Centro Studi Promotor in Italia servono interventi decisi e di lungo respiro: nel nostro paese «l’ auto vale almeno il 12% del Pil: un settore del genere non può essere penalizzato» dalla mancanza di scelte di «una classe dirigente che non alimenta la transizione in atto. Viene da chedersi Draghi e i partiti cosa stiano aspettando» per varare «un piano organico, con incentivi alla rottamazione per almeno tre anni, validi per l’acquisto di vetture elettriche o tradizionali con emissioni sotto i 135 grammi per km».

Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero