Piccolo è bello: la Suzuki in cima al mondo. L’elettrificazione “leggera” premia la casa jap

La Suzuki Swift Sport
ROMA - L’elettrificazione “leggera” o “morbida” premia. Lo sa bene Suzuki che, grazie al suo sistema SVHS (Smart Hybrid Vehicle Suzuki) ha dato ha...

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ROMA - L’elettrificazione “leggera” o “morbida” premia. Lo sa bene Suzuki che, grazie al suo sistema SVHS (Smart Hybrid Vehicle Suzuki) ha dato ha dato un significativo impulso alle proprie vendite raggiungendo con 32.939 unità (+5,9%) l’1,7% di quota del mercato nell’intero anno e chiudendo il 2018 con un dicembre in accelerazione (+22,1%). Ma sei si guarda solo al mercato dei privati, questa porzione sale al 2,7%. Segno evidente che Suzuki e il suo ibrido piacciono, perché sono una soluzione vantaggiosa a molti problemi che gli automobilisti affrontano tutti i giorni, come le limitazioni al traffico ottenendo nel tempo vantaggi economici vari, a partire da un consumo inferiore del 7-10% e altri ancora (pagamento parcheggi, ingresso nelle ZTL, sgravi fiscali ed esenzioni vari concessi dalle autorità locali) che superano abbondantemente i 1.000 euro in più necessari per acquistare una Baleno, una Ignis – il Suv più piccolo del mercato con i suoi 3,7 metri di lunghezza – o una Swift dotate di SHVS.

 

Il sistema pesa solo 6,2 kg e prevede un motorino di avviamento/alternatore più potente del solito (2,3 kW e 50 Nm) che provvede a dare una spinta supplementare in ripresa e riavviare il motore dopo le soste con l’energia recuperata in rilascio e inviata ad una mini batteria agli ioni di litio nascosta sotto il sedile del guidatore.
Un piccolo contributo all’ambiente, ma ancora più grande per le tasche dell’automobilista che può essere accoppiato ai motori a benzina (3 cilindri mille da 111 cv o 1.2 da 92 cv) e persino GPL e alle versioni dotate di trazione integrale, altro cavallo di battaglia di Suzuki insieme alle vetture piccole e leggere, dunque naturalmente efficienti. Questo consente alle Suzuki di avere emissioni medie di 90,3 g/km di C02 e dunque di essere già abbondantemente in linea con l’obiettivo di 95 g/km di CO2 previsto dalla Commissione Europea per il 2021. Ma l’ulteriore riduzione del 35% fissata per il 2030 obbliga ad un’elettrificazione ancora più spinta, in alcuni casi completa, anche sfruttando l’alleanza con Toyota partita nel 2016.

Un salto tecnologico che ha bisogno di un grande sforzo economico, ma che non può fare paura ad un produttore da 3 milioni di auto all’anno e soprattutto capace di sviluppare un utile netto superiore al 10%, in crescita del 40%, su un fatturato di 28,9 miliardi di euro, il 4,3% già investito in attività di ricerca e sviluppo.

Quali saranno le prime Suzuki elettriche e quando le vedremo? Difficile dirlo: magari sarà la Jimny, uno dei simboli del marchio di Hamamatsu la cui quarta generazione viene lanciata in questi giorni sul mercato rinnovando un mito che resiste da 50 anni e non si lascerà distruggere facilmente dal futuro. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero