Jeep Wrangler 2018: ecco perché la 4x4 americana continuerà ad essere la regina dell’offroad

La nuova Jeep Wrangler in versione Sahara
LOS ANGELES - L’invasione di Suv – diciamo la verità – ci ha fatto perdere di vista l’origine dei veicoli sport utility. Una volta si chiamavano...

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LOS ANGELES - L’invasione di Suv – diciamo la verità – ci ha fatto perdere di vista l’origine dei veicoli sport utility. Una volta si chiamavano fuoristrada. Avevano telai a longheroni, carrozzerie dallo stile un po’ così, finiture non sempre curatissime. Ma erano inarrestabili, realmente adatti ad affrontare i percorsi più impervi, fatti di buche, sassi, acciottolato, fango, guadi. Le esigenze di un mercato globale in rapida evoluzione hanno ispirato la trasformazione in veicoli multiuso, di tutte le forme e di tutte le dimensioni, spesso più adatti alla guida su fondi ben asfaltati che non tra pendii scoscesi e ruvidi terreni fuoristrada.

 

Ma in questo processo inarrestabile c’è stata un’auto che è rimasta sempre fedele a sé stessa. E’ la Jeep Wrangler, icona del 4x4 nudo e puro. Che alle viste del nuovo anno si prepara ad affrontare una nuova vita con il model year 2018 presentato al Salone di Los Angeles: un concentrato di novità che riesce a mantenere saldi gli storici principi dell’offroad e a conservare gli stilemi che ne hanno imposto il successo, pur rinnovandosi radicalmente, soprattutto nei contenuti hi-tech.

Punto di forza della nuova Wrangler è proprio la capacità dimostrata dai progettisti di resistere alla tentazione di trasformare il più autentico dei fuoristrada in un Suv alla moda. Per questo, pur nell’ambito di una radicale opera d’innovazione nel segno dell’hi-tech più avanzato, è stato salvaguardato l’affidabile e supercollaudato design a longheroni (body-on-frame). E ancora: con sospensioni a cinque punti di ancoraggio progettate ad hoc, la Wrangler è sicuramente in grado di confermarsi come riferimento di capacità 4x4. Tutto ciò anche se - secondo le anticipazioni della Casa - “sono migliorati anche la dinamica di guida su strada e la sicurezza per i passeggeri”.

La vocazione fuoristradistica della 4x4 americana si scopre dall’aspetto. Ma non solo. Basti dire che per proteggere i componenti fondamentali del veicolo (il serbatoio del carburante, la scatola di rinvio e la coppa dell’olio della trasmissione automatica), l’auto è stata dotata di quattro piastre e barre di protezione. L’allestimento Rubicon è equipaggiato inoltre con griglie parasassi in acciaio tubolare di grande spessore, che proteggono la carrozzeria da eventuali danni. Sulla Rubicon, poi, il dispositivo di disconnessione della barra stabilizzatrice anteriore aumenta l’escursione delle sospensioni nella guida in fuoristrada. L’angolo di attacco è di 44 gradi, quello di dosso di 27,8 e quello di uscita di 37. Secondo la Casa “sono misure che rappresentano il riferimento della categoria, e consentono alla Wrangler, grazie anche all’altezza da terra di 27 centimetri, di andare ovunque”. In effetti la capacità di guado dichiarata è di 76 cm, mentre lo speciale “pacchetto traino” consente di portarsi dietro carichi fino a 1.587 kg.
 

Tutto ciò che viene montato in più incide ovviamente sul peso. Per questo sono state utilizzate varie parti in alluminio, come porte, cardini, cofano, passaruota, telaio del parabrezza, mentre il portellone posteriore è in magnesio. Tra gli accorgimenti utilizzati dai tecnici Jeep per ridurre il peso della vettura, anche le barre tubolari e le barre stabilizzatrici cave, i supporti motore e gli ingranaggi dello sterzo in alluminio.


Aspetti quali il comfort di guida, il controllo del rollio della vettura e la guidabilità sono stati migliorati grazie alla nuova taratura degli ammortizzatori, ai nuovi punti rigidi del telaio e alla strategia di posizionamento dei supporti della scocca. Se a tutto ciò si sommano le qualità della motorizzazione, della meccanica 4x4 e dei supporti elettronici si avrà ben chiaro il quadro di un’auto che ha tutte le carte in regola per sostenere ancora a lungo un successo lungo 75 anni. Un successo nato in America, ma oggi vanto dell’italiana FCA. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero