Fiat Chrysler: operai, fabbrica e Patria Ecco lo spot-manifesto della "200"

DETROIT - Se è vero, com'è vero, che nella rinascita della Chrysler un ruolo decisivo è stato giocato dagli spot pubblicitari, allora vale la pena dare un'occhiata a...

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DETROIT - Se è vero, com'è vero, che nella rinascita della Chrysler un ruolo decisivo è stato giocato dagli spot pubblicitari, allora vale la pena dare un'occhiata a quello della Nuova Chrysler 200 da oggi destinato a milioni di telespettatori americani. Si tratta di sessanta secondi di ottimo cinema, condito con ingredienti semplici ma forti come ormai da alcuni anni ci ha abituato Sergio Marchionne, il gran capo di Fiat Chrysler. Il messaggio è chiaro: far conoscere la nuova ambiziosa berlina, la Chrysler 200, che da qualche settimana sta uscendo da Detroit nientepopodimeno che per fare concorrenza a Toyota e Honda che, in Usa, dominano quel segmento di mercato.




Già, ma come in tanti altri spot di Fiat Chrysler, l'auto è solo un succedaneo di un evento più importante: il racconto della ritrovata capacità americana di progettare, di avere buone idee e di attuarle in modo competitivo, pulito e "bello". Gran parte dei fotogrammi non sono dedicati all'auto ma alle facce di chi l'ha progettata (i designers) e di chi la costruisce (gli operai e i tecnici) nonché alla fabbrica dove nasce il gioiello (il fantascientifico stabilimento di Sterling Heights, sobborgo a 9 chilometri da Detroit, riaperto proprio da Marchionne nel 2010).

La Nuova Chrysler 200 viene dipinta come il frutto di un lavoro collettivo di una comunità forte e gentile. Comunità in grado di trasmettere la propria ritrovata vitalità e competitività attraverso un ottimo prodotto. Un prodotto che non ha nulla da invidiare a quelli giapponesi e coreani ("Non è obbligatorio che una buona berlina venga da oltreoceano", spiega didascalicamente lo spot all'ombra di una bandiera a stelle e strisce). Fortissimo il richiamo al ritrovato orgoglio patriottico, per niente velato se si pensa che il mercato delle berline negli Usa è dominato dalla Toyota Camry, venduta in circa 50.000 esemplari al mese contro i 10/12 mila raggiunti l'anno scorso dalla vecchia 200 (con la quale la Nuova non condivide neanche un bullone).

Operai, fabbrica e Patria. Queste le tre pietre miliari, molto obamiane, molto sociali e ben poco finanziarie, del nuovo spot Fiat Chrysler che si chiama "Born makers" (Costruttori nati). Tre valori forti, una sorta di elegia del duro lavoro manuale tanto che il testo parla di "mani callose", che Sergio Marchionne si gioca ancora una volta oggi, a quattro anni di distanza dal lancio del primo spot sulla 200, quello con il cantante Eminem di Detroit. Un video duramente emozionale, chiamato "Imported from Detroit" , girato in buona parte in notturna per far sapere agli americani che la malconcia Motorcity era uscita dall'incubo e stava iniziando a reagire.


Da allora molta acqua è passata sotto i ponti. Chrysler è tornata far soldi a palate, è diventata globale, è passata sotto le bandiere della Fiat ma fra qualche mese tornerà negli Usa per essere quotata (per la prima volta) a New York con il nome Fiat Chrysler. Ma le facce degli operai di questo spot fissano ancora di più le radici dell'auto Chrysler nell'America profonda. E ne raccontano la forza ritrovata attraverso il valore del lavoro e del mito tecnologico e sociale della fabbrica. Una forza unita ad un pizzico di bellezza (e arguzia) squisitamente italiana. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero