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Da oggi è ufficiale. Un'istituzione europea, il Parlamento, non ritiene più un suo Paese membro, l'Ungheria, «una democrazia». E sarebbe già grave così. Invece il rapporto approvato a larga maggioranza dalla plenaria di Strasburgo - 433 voti a favore e 123 contrari - va oltre e bolla Budapest come una «minaccia sistemica» per i valori fondanti dell'Ue in virtù di quel «regime ibrido di autocrazia elettorale» costruito da Viktor Orban.
Usa: «Ungheria rimane alleato della Nato»
«L'Ungheria è un paese partner e un alleato della Nato». Lo ha detto il portavoce del dipartimento di Stato americano, Ned Price, in un punto con la stampa a proposito della condanna di Budapest da parte dell'Eurocamera. «Le alleanze si basano anche sui valori comuni e sono quelli che gli Stati Uniti vogliono sempre vedere rispettati», ha aggiunto
IL RAPPORTO
Ogni ulteriore tentennamento, sostengono gli eurodeputati, sarebbe connivenza e dunque si esorta il Consiglio ad intervenire per evitare, da parte sua, possibili «violazioni del principio dello Stato di diritto». Il rapporto ha suscitato lo sdegno (nonché il blocco compatto alle votazioni) di Budapest oltre che dei gruppi più a destra dell'emiciclo: Identità e Democrazia (ID) e i Conservatori-Riformisti Europei (ECR). Dove militano i rappresentanti di Lega e Fratelli d'Italia. «Riteniamo che un prerequisito di questo rapporto dovrebbe essere l'obiettività, l'uso di criteri chiari e la stretta aderenza ai fatti, ma ciò ancora una volta non è accaduto», ha precisato una nota della delegazione di Fratelli d'Italia al Parlamento Europeo. «Si tratta - si legge ancora - dell'ennesimo attacco politico nei confronti del legittimo governo ungherese, in una fase difficile per l'Europa nella quale a tutti i livelli si dovrebbe perseguire la strada dell'unità e non quella della polarizzazione per motivi ideologici».
LA VICENDA
La querelle in realtà arriva da lontano perché già nel 2018 - dunque nella precedente legislatura - l'Eurocamera aveva approvato la richiesta di attivare il meccanismo di condizionalità (previsto dai trattati proprio per eventuali violazioni ai valori fondamentali dell'Ue, come democrazia e Stato di diritto).
LA SITUAZIONE
Una comunità d'intenti ritenuta da molti sospetta e che a volte colpisce pure i gruppi politici più filorussi del Parlamento Europeo. Tanto per restare ad oggi, ID ed ECR hanno votato contro la proposta della Commissione sugli Statuti e i finanziamenti europei ai partiti (che punta a schermarli da influenze esterne). A onor di cronaca, la delegazione della Lega in questo caso si è astenuta mentre gli eurodeputati di Fdi presenti in aula si sono invece divisi: Sergio Berlato e Carlo Fidanza astenuti, Pietro Fiocchi e Raffaele Stancanelli favorevoli. E dunque? Gli eurodeputati ora chiedono che il Consiglio la pianti con la melina e attivi in toto l'articolo 7 dei trattati, che prevede la possibilità d'imporre sanzioni al Pese membro in deficit democratico sino alla «sospensione dei diritti di voto». Procedura che, sottolineano, richiede solo «la maggioranza qualificata». Intanto pare che il governo ungherese - che ha bollato come «un insulto» il voto di oggi - già lunedì prossimo presenterà un pacchetto di riforme considerate necessarie per convincere Bruxelles a non colpire duro e anzi approvare il suo Recovery, ancora parcheggiato nel limbo. «Misure cosmetiche» per avere «i soldi», giurano in tanti a Strasburgo. Ora serve fare sul serio.
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