Ucraina, i siriani si uniscono ai russi: così Assad vuole ripagare il suo debito con Putin. I rapporti tra i due e gli scenari

I mercenari sono pronti a combattere al fianco dei soldati di Mosca. Così lo Zar riceve indietro il favore che attendeva da tempo

Dopo undici anni di guerra l'esercito di Bashar al-Assad ha lanciato una campagna di reclutamento. Ma non si tratta di soldati freschi dai campi di addestramento e non...

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Dopo undici anni di guerra l'esercito di Bashar al-Assad ha lanciato una campagna di reclutamento. Ma non si tratta di soldati freschi dai campi di addestramento e non sono destinati a combattere sul fronte interno. Parliamo dell'avanguardia di quella che può essere considerata la più grande forza mercenaria al mondo sostenuta dallo stato. Entro pochi giorni, le truppe siriane potrebbero essere dispiegate per rafforzare la linea del fronte russa in stallo in Ucraina, dove Vladimir Putin sta per estorcere un prezzo letale per il salvataggio del leader siriano da parte di Mosca.

 

Il debito di Assad verso Putin

Le migliaia di siriani in procinto di unirsi alle forze di Mosca per dare nuovo slancio all'avanzata che negli ultimi giorni - stando a fonti occidentali - sta rallentando, sono il «debito» che il presidente Assad sta pagando allo Zar per aver 'salvato' il regime alawita, il cui destino negli anni scorsi sembrava segnato. Lo scrive il Guardian, secondo cui, «relativamente al sicuro» nel suo palazzo a Damasco grazie al sostegno russo, «Assad sembra aver dato carta bianca a Mosca» per quanto riguarda il trasferimento dei suoi militari verso l'Ucraina e sta restituendo «un favore che il leader siriano non ha altro modo di onorare».

 

 

Quando Putin salvò Assad

I gruppi di milizie pro-regime sono stati addestrati e sostenuti da unità russe dalla fine del 2015, quando Putin è intervenuto formalmente per salvare Assad. A quel punto, il generale iraniano Qassem Suleimani aveva convinto Putin che Assad si trovava a poche settimane dalla perdita del cuore alawita della Siria occidentale. Da allora il presidente russo ha stabilito una tutela su Assad e, durante le visite in Siria, raramente ha sprecato occasione per affermare il suo dominio. Durante le ispezioni delle truppe russe a Kheimemin, Putin ha guidato gli entourage costringendo Assad a seguirlo. Ha insistito per incontri nelle basi russe invece che nel palazzo presidenziale – una chiara offesa a un leader a cui lamentava regolarmente di dover restituire l'investimento russo in sangue e tesori.

 

L'arrivo del primo nucleo

Entro pochi giorni, le truppe siriane potrebbero essere dispiegate per rafforzare la linea del fronte russa. Secondo il giornale britannico, citando fonti dell'intelligence europea, oggi un primo nucleo composto da 150 uomini è arrivato in Russia. L'intelligence militare ucraina, riprendendo i dati diffusi dall'Osservatorio siriano per i diritti umani, ritiene che 40mila siriani si siano arruolati per combattere, una cifra che rappresenterebbe una parte considerevole dell'esercito siriano. In un Paese in ginocchio, sarebbero stati allestiti almeno 14 centri di reclutamento, tra cui ad Aleppo, Damasco, Deir Ezzor, Homs, Hama e Raqqa, che meno di cinque anni fa era al centro della guerra contro l'Isis. Nella Siria occidentale, alcune delle unità più prestigiose del regime affermano di aver arruolato migliaia di combattenti. La Quinta Divisione, che è stata addestrata da Mosca, la 4a Divisione, fedele al fratello di Assad, Maher, e le Forze Tigre, che hanno svolto ruoli di primo piano nella guerra, sono tutte centrali nella spinta al reclutamento che - secondo il Guardian - potrebbe potenzialmente trasformare il disordinato esercito di Assad nella più grande forza mercenaria in Ucraina.

 

 

Arrivi giornalieri

Funzionari ucraini sostengono che i mercenari voleranno dalla base russa in Siria di Khmeimim con voli giornalieri. Anche i gruppi di milizie che avevano combattuto al loro fianco si stanno unendo alla campagna di reclutamento, con i palestinesi, le truppe del Fronte di difesa nazionale, il partito Bàath e persino alcuni membri dei gruppi di milizie sciite che hanno combattuto in Siria sotto gli auspici dell'Iran.

 

 

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Il Messaggero