Stupratore di Tinder, ricorre in appello Salim Berrada condannato a 18 anni di reclusione: avrebbe violentato (almeno) 15 donne in Francia

Berrada, nel corso del processo, si è sempre definito innocente affermando che le donne fossero "consenzienti"

Stupratore di Tinder, ricorre in appello Salim Berrada, condannato a 18 anni di reclusione: avrebbe violentato (almeno) 15 donne
Ricorre in appello Salim Berrada, il 38enne soprannominato dalla stampa francese “lo stupratore di Tinder”, dopo la condanna del tribunale penale di Parigi lo scorso...

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Ricorre in appello Salim Berrada, il 38enne soprannominato dalla stampa francese lo stupratore di Tinder, dopo la condanna del tribunale penale di Parigi lo scorso 29 marzo. A darne notizia sono stati oggi i suoi avvocati, Irina Kratz e Ambroise Viennet-Legué. Berrada, nel corso del processo, si è sempre definito innocente affermando che le donne erano consenzienti.

La condanna

Venerdì scorso (29 marzo), Berrada è stato condannato in primo grado a 18 anni di reclusione, con l'accusa di aver violentato e aggredito sessualmente 15 donne adescate su social network e app di incontri (come Tinder). La sentenza è stata emessa dal Tribunale di Parigi dopo le accuse presentate da 17 donne tra il 2014 e il 2016: per due casi l'uomo è stato assolto per mancanza di prove sufficienti a suo carico. La Corte ha sottolineato, per voce del presidente Thierry Fusina al momento del verdetto, una «modalità operativa comprovata» oltre alla «gravità dei crimini e delitti», considerati «particolarmente preoccupanti», così come il numero delle vittime. Durante il processo di primo grado, Berrada ha contestato i fatti, sostenendo che le relazioni erano consenzienti o inesistenti. Ora il ricorso in appello.

Le accuse

Secondo gli inquirenti, Berrada adescava le sue vittime presentandosi su Tinder come fotografo per modelle. Poi usava sempre lo stesso modus operandi: attirava le donne in casa sua con il pretesto di uno shooting fotografico, le riempiva di complimenti e poi offriva loro qualcosa da bere. Quello che le donne bevevano le rendeva incoscienti, consentendo al fotografo di abusare di loro. Una versione che l’imputato ha sempre negato con forza. 

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Il Messaggero