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Alle 6 del mattino del 22 novembre, un team di forze speciali si è calato da due elicotteri sulla casa dei «bersagli» nel sobborgo di Nacka, ad est di Stoccolma. L’operazione Spjut (“spear” in svedese) era scattata: un blitz spettacolare e rapido per evitare che si potessero perdere prove e dati sensibili. È così che grazie a informazioni in mano al Sapo ( il controspionaggio svedese) e a segnalazioni dell’FBI americana, sono finiti in manette Sergei Skvortsov e la moglie Elena Koulkova, due spie russe inflitrate in Occidente. Un caso, quest'ultimo, che è la ripetizione di episodi analoghi avvenuti durante (e dopo) la Guerra fredda.
Svezia, smantellata la rete di spie russe
Sergei ed Elena sono arrivati in Svezia alla fine degli anni ’90. Provenienti da Mosca come una coppia qualsiasi, si sono adattati alla vita occidentale perfettamente. In dieci anni hanno raccolto moltissime informazioni per conto del Gru, il servizio segreto militare russo: pedine con una doppia esistenza, due volti discreti e silenziosi, due vite parallele ivisibili fino all'operazione di qualche giorno fa che ha smantellato la rete d'inflitrazione del Cremlino. Lo scorso 25 novembre, il Tribunale di Stoccolma ha deciso di mantenere in carcere Sergei, mentre sua moglie è stata rilasciata il giorno dopo.
Skvortsov è nato nel 1963 a Perm, negli Urali, e ha studiato in campo energetico. Lei, di un anno più giovane, è laureata in matematica e cibernetica all’Università di Mosca. Non è dato sapere se siano questi i loro veri nomi considerato che spesso gli infiltrati all’estero devono usare delle identità create “ad hoc”.
La doppia vita
I due si erano stabiliti prima in un appartamento, e successivamente si sono trasferiti in una villetta, mantenendo un profilo basso. Gentilezze a distanza con i vicini, nessuna confidenza, né amici o cene con i colleghi di lavoro. Secondo gli investigatori, Sergei ed Elena sarebbero stati attivati a partire dal 2013, molto tempo dopo il loro arrivo, avendo come obiettivo sia gli Stati Uniti che la Svezia. E hanno eseguito perfettamente il proprio compito, ma hanno commesso qualche errore di percorso.
Nel 2005, infatti, una delle loro società era finita nei guai con il fisco per presunte irregolarità. Un inciampo che avrebbe potuto avere conseguenze peggiori se il file aziendale fosse finito nelle mani del “Sapo“. Anni dopo si è scoperto che la società faceva parte di un network riconducibile ad un'azienda con base a Cipro e legata ad un russo, tale Vladimir Koulemekov. Un nome conosciuto agli 007, essendo stato espulso nel 1981 dalla Francia con il sospetto di spionaggio e finito anche in un report del Senato americano del 1983.
Le reazioni
Ancora più interessanti i dettagli rivelati dal sito investigativo Bellingcat. La coppia era diventata proprietaria nel 1999 di un alloggio in un palazzo di Mosca, al 36 Zorge Street, nello stesso stabile in cui aveva abitato uno degli “operativi” coinvolti nell’attentato nel 2018 contro l’esule russo Sergei Skripal a Salisbury, in Gran Bretagna. Maria Zakharova, la portavoce del ministro degli esteri russo, ha commentato l’arresto della coppia russa in Svezia contestando “l’isteria anti-Russia” e parlando di “una campagna russofobica che si è trasformata in un’ossessionante vittimismo di spionaggio in alcuni Paesi.”
Un mese fa, per la precisione, il servizio segreto della Norvegia aveva arrestato un agente dei servizi russo che si era spacciato per un ricercatore brasiliano, applicato all’ Università di Tromso. La rete di spie del Cremlino è fitta, attiva e penetrata nel tessuto sociale occidentale. Con la guerra in Ucraina, il flusso di informazioni a Mosca è diventato ancora più prezioso. E lo sarà ancora per molto tempo.
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