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BARCELLONA - Le nuove misure dettate dal governo catalano di restrizione della mobilità per i prossimi 15 giorni non sono ancora il confinamento domiciliare della scorsa primavera, ma ci si avvicinano molto e rischiano di minare definitivamente la sia pur debole ripresa del tessuto economico. Bar e ristoranti chiusi, accesso ai negozi fino al 30% della capienza, il 50% nel caso di cinema e teatri, ritorno al telelavoro ovunque possibile e lezioni universitarie online (le scuole invece rimangono aperte), unitamente alla raccomandazione di non muoversi da casa evitando incontri con amici e familiari esterni al nucleo di convivenza, dovrebbero servire a ridurre la mobilità e perciò l’espansione dell’epidemia di Covid.
Covid Italia, bollettino oggi 14 ottobre: 7.332 nuovi casi, 43 morti e 400 ricoveri in 24 h. Boom Lombardia
Sono 7.332 i nuovi casi al in secondo il bollettino del 14 ottobre 2020. È il record di sempre del numero di contagi registrati in 24 ore. I morti sono stati 43, due in più rispetto a ieri. Si rileva anche un record assoluto di tamponi: 152 mila.
Che in Catalogna sta crescendo incontrollata negli ultimi giorni, con un indice di riproduzione pari a 1,36, un indice di Crescita Potenziale pari a 360 (che rappresenta un rischio molto elevato di trasmissione comunitaria), una Incidenza Accumulata pari a 263 (appena inferiore alla media spagnola di 265), un migliaio di persone ospedalizzate e un’occupazione delle UCI che si va pericolosamente avvicinando al 35%.
In Spagna il lockdown più duro d'Europa
Non è del tutto chiaro come si sia arrivati a questo punto, la Spagna è stato il paese che ha applicato il lockdown più duro d’Europa e la rilassatezza dei comportamenti individuali è stata analoga a quella di qualunque altro paese europeo.
Ma, con gli opportuni correttivi e alcune restrizioni introdotte già nel mese di agosto, era sembrato che la curva epidemica si fosse stabilizzata, seppure a un livello elevato. E invece, dicono dalla Generalitat, non intervenire ora con misure così pesanti obbligherebbe, tra qualche settimana, a un intervento più drastico e in condizioni di controllo del virus molto più difficili. D’altronde, è una situazione analoga a quella che si sta registrando un po’ in tutta Europa.
Chiusi bar e ristoranti
Del pacchetto di restrizioni della mobilità che entreranno in vigore questo venerdì, la misura più controversa è quella della chiusura di bar e risotoranti, apertamente osteggiata dalla Federació Catalana d’Associacions d’Activitats de Restauració i Musicals, che ricorrerà il provvedimento presso il Tribunal Superior de Justícia de Catalunya, perché considerato insolito e sproporzionato. Lo stesso vicesindaco di Barcellona, Jaume Collboni, stamattina, quando ancora il provvedimento non era definitivo, considerava eccessiva la possibile chiusura di questi locali.
Si tratta di un settore che solo a Barcellona ne conta 9.000, tra bar e ristoranti. E che assieme all’alberghiero, rappresentano l’asse vertebrale del turismo che in Spagna è il 12% del Pil. I ristoratori rivendicano di gestire luoghi sicuri sanitariamente, allertano che con la loro chiusura gli incontri tra le persone si sposteranno presso i domicili privati senza alcun controllo. D’altronde, secondo un’indagine del settore, la percezione maggioritaria dei catalani, grandi frequentatori di bar e ristoranti, è che la ristorazione non sia responsabile della crescita del contagio.
I ristoratori temono piuttosto che si realizzi quella previsione secondo cui nuove chiusure comporterebbero la sparizione della metà dei locali. Rivendicano misure di compensazione per la perdita economica; anche CCOO de Catalunya chiede che ci sia equilibrio tra la protezione della salute e l’impatto socio-economico. Una protesta che si unisce a quella del settore delle discoteche e dei locali con musica dal vivo che la scorsa settimana avrebbero dovuto riaprire, salvo la pista da ballo. E per i quali, un contrordine della Generalitat per l’aumento dei contagi ha frantumato, dalla sera alla mattina, i sogni di ripresa.
Nella capitale spagnola, invece, continua il braccio di ferro tra il governo della Comunità di Madrid e il governo spagnolo sulla lotta all’epidemia. Madrid chiede la fine dello Stato d’allarme e porta nuovi dati che farebbero venir meno uno dei requisiti per la sua imposizione: la diminuzione dell’Incidenza Accumulata a un livello inferiore a 500. Quell’indice, però, ribadisce il ministero della Sanità, si riferisce a un dato puntuale, mentre la Comunità trasmette i dati con un ritardo di 7-8 giorni; inoltre, Madrid avrebbe cambiato il protocollo per realizzare le prove PCR, riducendole, nell’ultima settimana, alla metà.
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