Libia, la mossa di Putin: chiedere la pace e indebolire l'Europa

Putin e Erdogan dialogano e trovano accordi, cementando attraverso il mutuo riconoscimento dei reciproci interessi nazionali quella capacità di dialogo che in Siria ha...

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Putin e Erdogan dialogano e trovano accordi, cementando attraverso il mutuo riconoscimento dei reciproci interessi nazionali quella capacità di dialogo che in Siria ha già portato i suoi frutti, e che presto potrebbe dare ai due leader le chiavi d'accesso e la base per la spartizione della Libia in zone d'influenza tra Mosca e Ankara. E quindi la pace. Lasciando fuori Italia, Francia e Ue incapaci di trovare un minimo comun denominatore neppure nel Mediterraneo.


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Sulla carta, Putin appoggia il generale Haftar con l'impiego di centinaia, forse migliaia di contractor, ma non è soltanto Mosca a spingere l'uomo forte di Bengasi verso la conquista di Tripoli. Dietro ci sono l'Egitto, preoccupato di tenere sotto controllo le incursioni trans-frontaliere dei jihadisti, gli Emirati e l'Arabia Saudita.

Erdogan, da parte sua, è corso in aiuto del premier di Tripoli, Al Serraj, inviando i primi 35 militari con la missione di coordinare e addestrare le forze di Tripoli. La dichiarazione congiunta di Putin e Erdogan per una tregua fra Al Serraj Haftar a partire da domenica, è un segnale politico lanciato principalmente all'Europa. Mosca e Tripoli rivendicano infatti il diritto di difendere i propri interessi ben lontano dai loro confini. Sul campo si stanno definendo le future mappe politiche di Cirenaica e Tripolitania mentre il Fezzan, a Sud, va a Haftar. Dal quale dipende l'applicazione dell'appello turco-russo a una tregua.

IL GRUPPO DI CONTATTO
Lo dice con chiarezza Lev Dengov, capo del gruppo di contatto russo per la Libia: «Dipende in gran parte da Haftar, perché è stato lui a avviare l'offensiva». Aggiunge che la Russia «sta lavorando per far sì che tutte le parti smettano di combattere». Precisa infine che Mosca non spalleggia una delle fazioni e l'obiettivo resta una «soluzione pacifica». Quanto a Erdogan, l'invio delle truppe in Libia è numericamente simbolica, mentre l'afflusso di armamenti dovrebbe servire a bilanciare quelli a disposizione di Haftar grazie ai russi, ai Paesi del Golfo (tranne il Qatar) e forse alla Francia. Il leader turco sposa con Putin l'idea della tregua. E dice: «Continueremo a difendere i nostri interessi nel Mediterraneo orientale, in Siria e in Iraq. A quanti dicono che mandiamo i militari nel deserto dove rimarranno impantanati, dico che le loro parole sono aride come il deserto e i loro cuori sono in un pantano». In Libia l'aiuto turco è stato «chiesto contro l'ingiustizia e l'oppressione, andremo avanti senza alcuna esitazione, fino alla vittoria». Ma la vittoria è la spartizione.


E Putin? Testa il missile ipersonico di ultima generazione Kinzhal, in una spettacolare esercitazione sul Mar Nero che coinvolge più di 30 navi, un sottomarino e oltre 40 velivoli. Ma la prova della volontà di turchi e russi di trovare insieme la quadra ai conflitti in Libia e Siria, è la cerimonia per l'inaugurazione, ieri a Istanbul, del gasdotto TurkStream, una linea da 31,5 miliardi di metri cubi di gas l'anno che porterà gas dalla Russia a Turchia e Europa, aggirando il corridoio ucraino (con una perdita stimata per Kiev di 450 milioni di dollari l'anno). Nell'occasione il ministro degli Esteri russo, Lavrov, ha ribadito l'esortazione dei leader alla cessazione delle ostilità e la ferma intenzione di Mosca e Ankara di «continuare nel prossimo futuro i contatti sulla Libia». E nuovi comuni progetti sul fronte energetico. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero