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Ici-Radio Canada, popolare radio del Quebec, ha dedicato una decina di giorni fa un lungo servizio a Amanda. Capelli biondi, occhi blu, Amanda lavora al ristorante La Grande Gueule a Saint-Alphonse-de-Granby, comune di 3mila abitanti a metà strada tra Montréal e Sherbrooke. Ha cominciato in cucina, addetta alla friggitrice, uno dei compiti più gravosi, ma se la cava bene. Il gestore del ristorante, Pascal Lamarche, è contento: «Per ora fa dei turni di sei ore, voglio testare le sue capacità, mi pare che se la cavi bene». Anche Amanda è contenta, lo stipendio la soddisfa, e anche l’ambiente di lavoro, va d’accordo con tutta la squadra. E soprattutto, non c’è stato nessun problema con la scuola. Continua ad avere buoni voti in tutte le materie, nessun calo nonostante i turni al ristorante. Perché Amanda fa la prima media, ha undici anni.
Posto fisso, perché i giovani lo rifiutano? «Idea vecchia, noi sogniamo la fluidità»
Per lavorare alla Grande Gueule ha avuto bisogno soltanto di un’autorizzazione scritta dei genitori, i quali non hanno avuto nessuna remora: «È brava, i suoi voti restano alti – ha spiegato alla radio suo padre Sylvain – se il rendimento scolastico ne dovesse risentire, allora smetterebbe di lavorare, glielo abbiamo detto chiaro e tondo». Perché in Québec il lavoro dei minorenni, anche giovanissimi, appena usciti dalle elementari, è legale. Anzi, incoraggiato.
LA LEGGE
Non esiste un’età minima per essere stipendiato. È una tradizione, giustificata dal fatto che in fondo fa bene: lavorare insegna a essere autonomi, è un apprendimento come un altro.
GLI IMPIEGHI
Tra i posti più ambiti dai piccoli: i ristoranti, i bar, ma anche le casse dei supermercati. Se l’ingresso iper-precoce nel mondo del lavoro fa parte della storia del Québec, la svolta degli ultimi anni è stata proprio nel cambio dei settori di impiego dei giovanissimi. Prima i bambini delle elementari e delle medie guadagnavano sì tutti qualcosa, ma facendo dei “lavoretti” tradizionalmente più adatti alla loro età, come la distribuzione dei giornali o qualche baby sitting. «Quello che è cambiato – ha spiegato il sociologo canadese Charles Fleury – è che dei giovani sempre più giovani entrano nel circuito ufficiale del mercato del lavoro, occupando “veri” posti part time». Con tutto quel che ne segue, anche a livello di incidenti sul lavoro. Un’inchiesta del giornale on line La Presse – citata sempre da Le Monde – ha rivelato a fine aprile che 149 bambini di meno di 16 anni erano stati vittime nel 2020 di incidenti sul lavoro, e molti di questi non avevamo nemmeno 13 anni. La cosa non riesce più a passare come una semplice tradizione nazionale, un normale rito di formazione nella vita del cittadino del Québec. «Lo trovo davvero scioccante» ha reagito Suzanne Arpin, vice presidente della Commissione dei diritti della persona e dei giovani del Québec. La richiesta di introdurre nello Stato un’età minima per lavorare si fa sempre più insistente. Nel 2021 la Columbia britannica ha deciso che era tempo di mettere un freno al lavoro giovanile legale e ha aumentato l’età dell’ingresso nel mondo degli stipendiati da 12 a 16 anni. Una decina di giorni fa ha dato segni di cedimento anche il governo del Québec. Il ministro del Lavoro Jean Boulet ha riconosciuto che «non è molto normale veder lavorare bambini di 11 anni».
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Il Messaggero