Kamala Harris, la senatrice californiana è l'ottava candidata democratica alle presidenziali 2020

Kamala Harris, la senatrice californiana è l'ottava candidata democratica alle presidenziali 2020
NEW YORK – Siamo arrivati a quota otto. Con la discesa in campo della senatrice della California Kamala Harris, i candidati alla nomination democratica per la corsa...

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NEW YORK – Siamo arrivati a quota otto. Con la discesa in campo della senatrice della California Kamala Harris, i candidati alla nomination democratica per la corsa presidenziale del 2020 sono otto. Ma siamo ben lungi dall’avere il quadro completo. Secondo i calcoli del New York Times, ci sono altri due nomi “sicuri”, quattro “quasi sicuri” e otto “probabili”.



Se tutti costoro decidessero per il sì, si tratterebbe della più affollata corsa presidenziale della storia, anche se non è raro che il campo dei papabili sia numeroso. Nel 2016 ad esempio, gli aspiranti repubblicani erano ben 16. Ma alcuni dovettero abbandonare prima dell’inizio delle primarie, perché non erano riusciti a raccogliere abbastanza fondi, come l’ex governatore del Texas Rick Perry o l’ex governatore di New York George Pataki.

Dunque  sarà presto chiaro chi fra i venti possibili rivali di Donald Trump, il 3 novembre 2020, abbia abbastanza sostegno finanziario da portare avanti una vera campagna. L’uscita di Kamala Harris è stata significativa, nella giornata di lunedì, proprio perché il breve video con cui annunciava la sua candidatura ha avuto in sole due ore donazioni da tutti e 50 gli Stati dell’unione, oltre a un milione e passa di visite.

Gli altri sette che sono già scesi in campo non hanno ricevuto un benvenuto così immediato ed entusiasta. Eppure alcuni hanno nomi ben noti e godono di un seguito già sostanzioso, come la senatrice del Massachusetts Elizabeth Warren, beniamina dell’ala liberal del partito, o Julian Castro, già sindaco di San Antonio in Texas e poi ministro della edilizia popolare nell’Amministrazione Obama, che con il fratello gemello (identico) Joaquin Castro, deputato democratico del Texas, è molto seguito e ammirato dalla comunità latino-americana. Neanche la senatrice Kirsten Gillibrand, di New York, ha generato lo stesso entusiasmo della collega californiana. Eppure la Gillibrand è stata all’avanguardia del movimento #MeToo e gode di grande popolarità fra le donne.

Kamala Harris è comunque un personaggio diverso da tutti questi. Ha un passato di procuratore distrettale a San Francisco e di Ministro della Giustizia della California. E’ figlia di una immigrata indiana e di un immigrato giamaicano, una ricercatrice sul cancro e un professore di economia. Conosce bene l’India, dove i suoi nonni sono stati attivisti per l’indipendenza dalla Gran Bretagna, e ha passato parte della sua gioventù in Canada, dove la madre insegnava alla McGill University di Montreal. E’ sposata a un collega, bianco, e non ha figli. E’ dunque un cocktail di culture diverse, di esperienze diverse, e ha visto il mondo. Non a caso molti la definiscono “la Obama donna”.

Sarà lei la prescelta alle primarie? E’ davvero troppo presto per fare previsioni, anche perché fra i nomi che ancora non si sono dichiarati ci sono calibri da novanta, come l’ex vicepresidente Joe Biden o l’ex sindaco di New York Michael Bloomberg.

E il partito repubblicano? Donald Trump ha già annunciato che si ripresenterà, e ha cominciato a raccogliere finanziamenti. Ma neanche su di lui c’è assoluta certezza. La possibilità che l’inchiesta del Russiagate porti a galla altri scandali, oltre a quelli che già pendono sul suo capo, non può essere esclusa. E quindi, pur sottovoce, nel partito repubblicano si discute della possibilità che Trump si dimetta, o non si ricandidi. E già ci sono dei nomi pronti nel caso a farsi avanti, come due che lo avevano già affrontato nel 2016, l’ex governatore dell’Ohio John Kasich e l’ex Ceo della Hewlett-Packard, Carly Fiorina. Si parla anche dell’ex senatore dell’Arizona Jeff Flake. E dell’attuale governatore del Maryland Larry Hogan. Tutti questi sono repubblicani, alcuni – come Kasich – anche seriamente conservatori. Ma tutti hanno espresso varie volte aperto disaccordo con Trump.




 

 


 

 

 

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Il Messaggero